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ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI  

Data inserimento: 24/10/2009
DOMENICA XXX DEL T.O.: UNO SGUARDO NUOVO SULLA VITA


E’ questo l’ultimo miracolo del Vangelo di Marco (se si eccettua la maledizione del fico, che però è un gesto completamente atipico), e già questo lo rende importante. Il primo miracolo fu la liberazione di un indemoniato nella sinagoga di Cafarnao (1,22-26), l’ultimo la guarigione di un cieco all’uscita di Gerico. Non sono due gesti casuali, ma scelti con intenzione. Illustrano la vittoria di Cristo sulle due forze ostili che la presenza di Dio incontra nella storia degli uomini: la presenza del Maligno e la cecità dell’uomo.
L’episodio del cieco Bartimeo è un racconto vivacissimo, come del resto molti altri del secondo Vangelo. Marco è un narratore che ha il gusto del racconto. Il tema dell’episodio è certamente la sequela, ma i discepoli sembrano scomparire. Protagonisti sono Gesù e il cieco. E fra i discepoli e il cieco il lettore è invitato a fare un confronto. I discepoli - come è apparso negli episodi raccontati nelle domeniche precedenti - sembrano impersonare la perplessità (10,26), l’esitazione (10,32) e l’incomprensione di fronte alle richieste di Gesù (10,35). Bartimeo, invece, «subito riacquistò la vista e si mise a seguirlo lungo la strada». Il modello da imitare sembra dunque essere lui, non i discepoli.
Alla domanda dei discepoli («Se è così, chi si può salvare?») Gesù aveva risposto: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio; tutto è possibile a Dio» (10,27). L’episodio di Bartimeo è un’illustrazione di questa risposta. Il possibile non si misura sulle forze dell’uomo, ma sulla grandezza del dono di Dio. E difatti il racconto ci fa assistere a una completa e impensabile trasformazione: un uomo era cieco e ora ci vede, era seduto e ora segue Gesù lungo la via. La lezione è chiara: la potenza di Dio - che Gesù aveva già suggerito ai discepoli come l’unica possibilità di salvezza (10,27) - ha saputo trasformare un uomo impotente in un discepolo coraggioso. Ma a due condizioni: la preghiera («Gesù, abbi pietà di me») e la fede («Va, la tua fede ti ha salvato»).
Il vangelo di Marco sviluppa con notevole insistenza il tema della cecità dei discepoli. Due le forme della cecità. La prima è che il discepolo (si legga il racconto di Mc 8,14-31) ha visto la potenza di Gesù, magari ne racconta i prodigi, ma non se ne fida: nelle difficoltà della vita non la prende in considerazione, e cade nell’ansia, come se l’avesse dimenticata. E la seconda: di fronte alla via della Croce il discepolo vede soltanto l’insuccesso, il fallimento, non la risurrezione. L’uomo ha bisogno che il Cristo gli apra gli occhi per scoprire nella vita la forza della potenza di Dio e l’efficacia della via della Croce.
Don Bruno Maggioni

fonte: www.lachiesa.it

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Giovanni Paolo II

"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù


Parole di Gesù Divina Misericordia a
Santa Faustina Kowalska
Mentre di seguito, durante i vespri, continuavo ad esaminare questa specie di miscuglio di sofferenze e di grazie, ad un tratto udii la voce della Madonna: “Sappi, figlia Mia, che sebbene Io sia stata innalzata alla dignità di Madre di Dio, sette spade dolorose mi hanno trafitto il cuore. Non far nulla a tua difesa; sopporta tutto con umiltà. Dio stesso prenderà le tue difese”.
 


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