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Data pubblicazione: venerdì 17 gennaio 2003  

RUBRICHE - SAGGI DI STORIA CALABRESE

Il Convento di Santa Maria della Pietà degli Agostiniani scalzi di Monteleone Calabro

Le notizie sulla fondazione del convento sono riportate in una memoria del 1658 e nella relatione del 1650, entrambe conservate nell’Archivio di Stato di Roma, e nell’Historia data alle stampe in Napoli nel 1710 da Giuseppe Bisogni ( 1).
Sta scritto nella memoria che l’erezione del complesso potè essere avviata dopo che il devoto cittadino Scipione Candioti aveva fatto donazione di un palazzo con annesso giardino.
Il ricco mercante di stoffe era affetionato alla Religione Riformata dilli RR. PP. Scalzi Agostiniani ed informato delle sante qualità di costoro. Nonostante le conoscenze, onde con proprie mani toccare et con occhi vedere il tutto e persuadersi, il 3 settembre 1610 si recò nel convento di Santa Restituta in Messina del quale era priore il suo caro amico padre Giacomo Franchida ( 2). Volle restare dieci giorni con quei frati per vivere dell’istesso vitto della comunità, e dilla loro grande carità, penitenza e devotioni riportò favorevole impressione.
Ritornato a Monteleone, partì per alcuni negotij alla volta di Napoli, dove trascorse tre giorni nel convento di Santa Maria della Verità rimanendo ammirato dalle spirituali osservanze e rigorosi silentij di quei religiosi ( 3). Riconfermato nella sua determinazione di fondare un convento con la regola di quell’Ordine, ne parlò ad alcuni padri che gli diedero le necessarie istruzioni.
Rientrato nella sua città il 5 ottobre dello stesso anno, il Candioti dopo aver aggiustato le sue cose mandò un invito al padre Giacomo, il quale rispose di non poter raggiungere Monteleone perché impegnato nella visita dei conventi della Sicilia ( 4).
Nell’attesa dell’arrivo del padre Giacomo, il Candioti fece redigere il suo testamento nel quale, fra l’altro, dichiarava : Io predetto testatore per la devozione grande che porto all’habito, et alli PP. Riformati di S. Agostino desidero che ditti PP. Pigliano loco in Montileone e far suo monasterio, et per tal effetto io gli lascio tutta questa mia casa incominciando dalla strada publica dallo porticato insino alla strada publica dillo giardinello senza mancamento alcuno, et che gli sia lecito, statim secuta mia morte, a detti PP. di pigliarla auctoritate propria, et non manu heredis et nil giardinetto farci la ecclesia, et le case ristino per il monasterio, overo come meglio ad essi RR. PP. parerà, con obligo di celebrare ò far celebrare in d(itt)a Ecclesia quattro misse il mise per l’anima mia, et dil q(uondam) Gio(vanne) Jacopo Cerasia quia sic. E più lascio la casa dil convento con altre contigue limito ad furnum.
Nel codicillo testamentario il devoto Candioti stabilì che, dopo l’accettazione del lascito ed il conseguente inizio della costruzione della chiesa nel giardinetto o dove sarebbe stato reputato più opportuno, gli esecutori testamentari dovevano consegnare ai padri agostiniani 200,00 ducati di quelli disponibili in contanti o provenienti dalla vendita di stoffe di seta o di altre merci ( 5).
Stando ai riferimenti cronologici, l’attesa del Candioti dovette protrarsi per otto anni. Infatti, il religioso agostiniano era stato chiamato al ritorno dalle permanenze del facoltoso commerciante nei conventi di Messina e di Napoli, e pertanto nell’autunno del 1610, mentre il testamento fu redatto il 23 novembre 1618 ( 6).
Venuto a conoscenza del cospicuo e finalizzato lascito testamentario dell’ormai defunto Scipione Candioti, il padre Giacomo giunse a Monteleone alle cinque del pomeriggio (le ore 23, secondo la suddivisione della giornata a quel tempo) del 13 luglio 1619 in compagnia del confratello padre Anselmo di Santa Restituta ( 7).
Nel tempo trascorso sino si accomodarono le scritture e differenze per il sud(ett)o negotio si sollecitarono le emanazioni del decreto della sacra congregazione dei cardinali e della bolla del vescovo di Mileto, e si ottennero i consensi delle altre comunità di religiosi, dei sindaci e dei nobili della città.
La croce, segno visibile della presa di possesso dei terreni destinati all’erezione di sacri edifici, secondo le usanze del tempo, fu piantata nel terreno l’1 agosto 1619. I padri Giacomo ed Anselmo ricevettero i 200,00 ducati di contanti lasciati per il convento dal munifico testatore.
Occorsero due anni per accomodare l’habitatione per li frati e farci la chiesa da potersi celebrare e per eseguire altri lavori necessari per rendere funzionale il convento.
Nel capitolo generale fu stabilito che la famiglia religiosa doveva essere composta da tre sacerdoti e da tre conversi. Per l’accresciuta devozione del popolo l’1 giugno 1625 il convento fu elevato a priorato, fissando in numero di sei sia i sacerdoti che i conversi, ed il primo priore fu il padre Gennaro della Santa Croce.
Resisi conto i pubblici reggitori ed i cittadini che il sito era assai angusto et improprio alla loro qualità, per essere poco honorato d’habitatione convicina, ai frati fu offerta la chiesa della confraternita di San Giuseppe con tutte le rendite ( 8).
I religiosi avevano già impegnato considerevoli somme di danaro ponendovi molte opere per potersi ritrovar l’acqua senza risultato positivo, quando giunse un decreto reale che faceva obbligo alla comunità di stantiare al primo luogo lasciato dal sig(no)r Scipione, e non in S(an) Giuseppe. Informati i superiori, i frati accettarono di dimorare nella sede primitiva ( 9).
Verso l’anno 1636 nel convento entrò come oblato il bergamasco Francesco Locatelli, il quale aveva fatto costruire a proprie spese un nuovo dormitorio e consegnava ogni anno quaranta tomoli di grano ( 10).
Non fu scritto, e neanche furono indicati elementi per una supposizione, a quale titolo si attendeva entro breve tempo di poter venire i possesso di un’eredità di 8.000,00 ducati ( 11).
I religiosi deceduti fino ad allora erano stati sei : quattro sacerdoti e due laici professi, tutti noti così in lettere come in santità.
L’estensore della memoria, il padre priore Leone di San Gesualdo, annotò le guarigioni della signora Elisabetta Mazza e di altri infermi, ottenute con le preghiere e con l’unzione con l’olio della lampada accesa davanti al quadro della Madonna della Pietà. La facoltosa signora offrì a d(ett)a Beatissima Vergine uno gippone, una tovaglia et una robba di damasco carmisino tutto guarnito di horo et una casacca in ringraziamento per la recuperata salute.
Nel terminare la memoria, il buon priore non mancò di evidenziare il gran concetto di santità per il bono esempio che si da giornalmente da sei nostri religiosi, tanto che la duchessa di Monteleone si raccomandava continuamente alle sue s(an)te orationi nelle quali riponeva gran fiducia.
Nella relatione preinnocenziana del 25 gennaio 1650 i tre padri compilatori riportarono per l’erezione la data del 22 settembre 1620, anno decimo del pontificato di Paolo V. Il relativo istrumento fu stipulato con il consenso et autorità di Monsig(no)re Virgilio Cappone vescovo di Mileto, della città e de regolari dal notaio apostolico Antonio Colonna romano ( 12).
Posto su due strade, delle quali una era quella detta dei mercanti, il complesso era di struttura grande et isolato dalle vicine costruzioni perché i religiosi avevano provveduto all’acquisto dei palazzi, delle case e dei giardini limitrofi. Nel convento erano formate dodici celle con i sottostanti magazzini, ed era in corso l’ampliamento sul suolo ottenuto dalle demolizioni degli edifici all’uopo acquistati.
Nella comunità prevalevano i frati provenienti dalla Campania : dei sacerdoti cinque erano napoletani ed uno beneventano, ed alla stessa regione appartenevano tre dei sei fratelli laici professi. Soltanto due di questi ultimi erano calabresi, uno di Belmonte e l’altro di San Gregorio di Monteleone ( 13). Non si può stabilire di quale casale di S. Gregorio era nativo frà Alessio di San Giuseppe ( 14).
Il convento percepiva la rendita di 7,00 ducati dagli affitti di certe caselle sotto il mon(aste)rio e sei tomoli di grano da censi ogni anno. Pagava annualmente 14,90 ducati sopra il fondo di d(ett)o mon(aste)rio all’ospedale di San Nicola dei Poveri della città ( 15).
Il peso di messe perpetue era di due ogni settimana per l’anima di Scipione Candioti fondatore, ed una quotidiana in suffragio di Agostino Ottone. Inoltre erano state trasferite otto messe al mese e venti all’anno dal convento di Castiglione abbandonato dai frati dopo il terremoto del 27 marzo 1638 ( 16).
La relatione fu sottoscritta dal priore padre Daniele della Madre di Dio, napoletano, e dai deputati padre Agostino di Santa Maria vicepriore e padre Vitale di San Filippo, il primo napoletano e l’altro beneventano.
Il citato Bisogni, che magnificò gli artistici stucchi e gli altari secondo il nuovo modello che ornavano tutta la chiesa, tramandò che questa ed il convento all’atto della fondazione erano dedicati a San Carlo. Il titolo fu cambiato in Santa Maria della Pietà dopo che sull’altare maggiore fu collocata un’ampla tela sapientissime picta, et inestimabilis valoris donata unitamente ad alcune suppellettili ed a 200,00 nummi d’oro dal principe di Cellamare a frà Leone calabro, morto a Genova il 28 luglio 1657 in concetto di santità ( 17). Il quadro era dovuto al pennello di Luca Cambiaso, nato a Moneglia (GE) nel 1527 e morto a Madrid nel 1585, pittore e scultore come Giovanni suo padre ( 18).
Lo stesso Bisogni scrisse che con i 200,00 nummi aurei i frati avevano acquistato il terreno sul quale era stata costruita la chiesa del convento ( 19).
Le notizie successive si traggono dagli istrumenti contenuti nei protocolli superstiti dei notai attivi nella città di Monteleone in tutto l’arco dell’età moderna.
Il 14 gennaio 1671, per sua devozione Giovannello Rosso di Settingiano lasciò due paia di buoi aratorij di carri, due vacche e due vitelli, una iencarella ed una giumenta di pelatura nera. Il donatore era dedito da molti anni al servizio del convento ( 20).
Tre anni dopo, l’8 ottobre 1674 il capitano Lucrezio di Vito, di Nardò e cittadino di Gallìpoli, stabilì di essere sepolto nella chiesa del convento con farlo andare vestito dell’Istesso habito di detta Religione rimettendosi per le esequie alla volontà del vicepriore padre Pietro Maria di San Paolo ( 21).
La famiglia Ottone, alla quale apparteneva il benefattore Agostino in suffragio del quale si celebrava la messa quotidiana sopraccitata, possedeva nella chiesa la cappella con sepoltura. In questa il 12 settembre 1688 il discendente magnifico Giambattista scelse di essere riposto dopo la morte, legando due messe ogni settimana in perpetuo ( 22).
Nel testamento del 7 dicembre 1689 mastro Giambattista Mercatante impose alla moglie-erede Caterina Pagano l’obbligo di erigere nella chiesa dopo la di lui morte una cappella ponendo sull’altare il quadro già a tal fine acquistato e custodito nella propria casa, col peso di tre messe settimanali versando ai padri 18,00 ducati ogni anno ( 23). Nel secondo testamento, redatto il 15 dicembre 1696, il Mercatante dispose che il proprio cadavere fosse riposto nella sepoltura costruita davanti alla già eretta sua cappella nella quale era stato collocato il quadro della Madonna del Rosario con i santi Domenico e Giovanni Battista ( 24). Il dr fis. Fabrizio Mercatante, nipote del defunto Giambattista fondatore, il 10 dicembre 1753 affrancò il capitale di 100,00 ducati per il quale era dovuto l’annuo canone di cinque salme di mosto prodotte nella vigna “Filippello” in territorio di Triparni. L’ipoteca dei beni era stata istituita per istrumento del notaio Antonio De Blasi di Tropea ( 25).
I religiosi della comunità, il priore padre Agostino della Beata Vergine, il vicepriore padre Giambattista di Santo Stefano, il padre Luca di San Callisto, il padre Prospero di San Guglielmo ed il padre Basilio di San Tommaso di Villanova, il 26 aprile 1692 concessero al devoto di d(ett)a Venerabile Chiesa signor Onofrio Ruggiero una sepoltura quale p(ri)ma era delli PP. di d(ett)o venerabile Convento e perchè adesso per causa della fabrica novam(en)te fatta si ne deve fare una altra sepoltura prop(ri)o per sotto l’altare Maggiore che doverà servire per li PP. di d(ett)o Venerabile Convento per il prezzo convenuto di 25,00 ducati ( 26).
Il magnifico Domenico Crudo il 22 dicembre 1702 lasciò erede il convento con l’obbligo di celebrare in perpetuo cinque messe ogni mese nell’altare maggiore dove stà situata la Madonna Ss.ma della Pietà. Riservò l’usufrutto del loro palazzo presso La Croce del Spogliatore alla moglie magnifica Giovanna Topia sua vita durante ( 27).
Il sacerdote Stefano Ferrazzo, del casale di Nao (ora frazione di Ionadi) ed abitante in Monteleone, il 17 settembre 1718 manifestò di voler essere sepolto nella cappella dei santi Agostino e Monica ( 28).
Nella cappella di San Giuseppe il 20 agosto 1734 scelse la propria sepoltura il notaio Giuseppe Nesci, originario del casale di Dasà ed attivo nella città di Monteleone dal 1683 al 1733 ( 29).
L’anno 1717 nella chiesa fu eretta la confraternita dell’Addolorata con sede nell’altare maggiore, essendo priore del convento il padre Patrizio di Gesù e Maria.
Ottenuta il 22 gennaio 1717 l’aggregazione all’omonima arciconfraternita romana avente la sede nella chiesa di San Marcello dei padri Serviti e l’approvazione vescovile delle regole il successivo 8 novembre, il 27 dicembre dello stesso anno si costituirono nel convento i padri ed i confratelli per stipulare l’atto notarile della fondazione della confraternita ( 30). La divisa che ogni divoto iscritto doveva possedere era costituita da un camice bianco per denotare che deve avere sempre la Coscienza purificata, per imitare la Purità della Verg(in)e e la mozzetta o martelletto di scottino negro coll’Imagine della Verg(in)e addolorata per compiangere con essa i suoi dolori ( 31).
L’associazione laicale ebbe breve esistenza, essendosi estinta nel 1783 a causa della distruzione del convento e della conseguente soppressione della comunità agostiniana ( 32).
Il napoletano Giuseppe Giambarba il 5 novembre 1778 volle essere sepolto nella chiesa, lasciando 6,00 ducati per la frattura del pavimento davanti all’altare maggiore con l’apposizione di una lapide avendo ciò concordato con i padri del convento ( 33).
Per istrumento stipulato il 16 novembre 1782 fu concessa al dr Pasquale Orefice la cappella dell’Immacolata Concezione con sepoltura davanti, posta in cornu epistulae la più vicina all’altare maggiore. Il quadro della titolare era coperto con un velo di seta, offerti l’uno e l’altro alcuni anni prima dall’attuale priore padre Modesto di San Nicola.
Il donatario era divoto, ed affezzionatiss(i)mo del convento, in benef(ici)o del quale non mancò mai di protestare j più devoti offici, ed interessarsi per j vantaggi del med(esi)mo, non solo in qualità d’Avvocato ordinario dello stesso. Il nuovo juspatrono s’impegnò a versare ai frati 100,00 ducati mediante la consegna di mosto prodotto nella sua vigna in dieci anni iniziando con la raccolta dell’ottobre 1783, ed a provvedere a proprie spese per la Restauraz(io)ne di quel pezzo di stucco caduto nella cappella. Sarebbe stata traslata in questo altare la messa che ogni sabato si celebrava in quello della Madonna della Lettera eretto nella chiesa parrocchiale dello Spirito Santo, con l’offerta di un carlino (= 0,10 ducati) per ciascuna di esse ( 34).
La chiesa ed il convento furono molto lesionati per causa de’ Tremuoti del 5-7 febbraio 1783. Le acque piovane, cadendo liberamente sui resti dai quali era stato asportato il tetto, avevano rese ruinose le murature ed infracidito quel poco legname ch’era rimasto. La baracca che i frati avevano costruito nel proprio orto era stata venduta dalla “Cassa Sacra” al Signor Pasquale Orefice ( 35).
Le rendite furono assegnate all’oratorio dei Filippini, e con queste anche i pesi delle messe settimanali ed annuali. Quei padri, con una lettera che dall’incarico per le informazioni affidato dalla curia vescovile di Mileto il 17 gennaio 1797 deve datarsi sul finire del 1796, chiedevano al vescovo l’abolizione o almeno la riduzione delle messe da celebrare, facendo notare che tutte le fabriche del convento già erano state vendute dalla “Cassa Sacra” a privati cittadini ( 36).
Il timbro a secco della comunità si trova impresso in una autorizzazione rilasciata il 10 gennaio 1784 ed allegata ad un istrumento stipulato il successivo 28 aprile ( ). Nell’interno dell’ovale, di assi mm 28 x mm 22 con scritta sulla ghiera, è raffigurato il gruppo della Pietà dietro il quale svetta la Croce.
La presenza degli Agostiniani Scalzi è ancora ricordata da una targa di marmo con l’incisione Scesa della Pietà, denominazione data a quella che era stata la strada grande dei mercanti che separava il convento dal collegio dei Gesuiti. Il nome fu cambiato in quello di Corso Umberto I°, e con questo è tuttora indicata.






n o t e

abbreviazioni : AS RM = Archivio di Stato di Roma
AS VV = Archivio di Stato di Vibo Valentia
AS CZ = Archivio di Stato di Catanzaro
ASD M = Archivio storico diocesano di Mileto
not. = protocolli del notaio
istr. = istrumento
test. = testamento
cart. = cartella
fasc. = fascicolo


1) AS RM, fondo Congregazioni religiose soppresse – Gesù e Maria, cart. 131, fasc. 11, e cart. 186, fasc. 239;
F. ACCETTA, Gli Agostiniani Scalzi in Calabria, in “Presenza Agostiniana”, XXIII (1986), nn. 2-4, p. 74;
G. BISOGNI, Hipponii sue Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae civitatis accurata istoria, Napoli
1710, rist. anast. Bologna 1980, pp. 159-160.
2) AS RM, fondo Congregazioni …, cart. 131, fasc. 11.
3) Questo fu il primo convento degli Agostiniani Scalzi.
4) AS RM, fondo Congregazioni …, cart. 131, fasc. 11.
5) Ibidem.
6) G. BISOGNI, Hipponii …, p. 159.
7) AS RM, fondo Congregazioni …, cart. 131, fasc. 11; G. BISOGNI, Hipponii …, p. 159. Si legge che i due frati arrivarono in città il 23 luglio 1619. Le ore ventitre di allora corrispondono alle diciassette attuali, e pertanto giunsero nel pomeriggio e non nel pieno della notte.
8) AS VV, not. O. Iovene, istr. 16/04/1622; ASD M, Visite pastorali anno 1892, vol. 23°, p. 104. La confraternita dei falegnami sotto il titolo di San Giuseppe, che nel 1622 era già eretta nella propria chiesa di recente costruita, trasferì la sede nel 1806 nella chiesa parrocchiale dello Spirito Santo e nel 1836 nella ex chiesa dei Gesuiti, che da allora è conosciuta come chiesa di San Giuseppe.
9) AS RM, fondo Congregazioni …, cart. 131, fasc. 11.
10) AS VV, not. O. Iovene, istr. 20/10/1635 e 03/01/1637. Il bergamasco Francesco Locatelli era domiciliato in Monteleone. Si rileva dall’ultimo dei due istrumenti che all’epoca non era ancora oblato, e per conseguenza l’espressione verso il 1636 usata dall’estensore della memoria è da interpretarsi con larga approssimazione; AA. VV., Enciclopedia Cattolica, vol. 9°, Firenze 1952, p. 22. Si chiamavano oblati quegli adulti che nel tardo medioevo offrivano a scopo ascetico se stessi, i loro servigi e le loro sostanze a un monastero, a un ospedale o a una chiesa.
11) Raffrontandola con l’attuale valore di acquisto del ducato, quell’eredità ammontava ad oltre mezzo milione di euro.
12) AS RM, fondo Congregazioni …, cart. 186, fasc. 239.
13) Si chiama ora San Gregorio d’Ippona, ed è comune in provincia di Vibo Valentia.
14) Poteva essere anche San Gregorio in provincia di Salerno.
15) L’ospedale di San Nicola dei Poveri sorgeva dove poi fu costruito il palazzo Gagliardi.
16) Il nome è Castiglione Marittimo, ed è frazione del comune di Falerna in provincia di Catanzaro.
17) G. BISOGNI, Hipponii …, p. 160.
18) P. FEDELE, Grande dizionario enciclopedico, vol. 3°, Torino 1967, p. 691.
19) G. BISOGNI, Hipponii…, p. 160.
20) AS VV, not. G. B. Lombardo, istr. 14/01/1671.
21) AS VV, not. G. Iovene, test. 08/10/1674.
22) AS VV, not. B. Ortona, test. 12/09/1688.
23) AS VV, not. B. Ortona, test. 07/12/1696.
24) AS VV, not. B. Silvestri, test. 15/12/1696.
25) AS VV, not. G. B. Gabriele, istr. 10/12/1753.
26) AS VV, not. B. Silvestri, istr. 26/04/1692.
27) AS VV, not. B. Silvestri, test. 22/12/1702.
28) AS VV, not. B. Silvestri, test. 07/09/1718.
29) AS VV, not. N. Loschiavo, test. 20/08/1734.
30) AS VV, not. P. P. Fiorillo, istr. 27/12/1717; ASD M, cart. Monteleone- convento di Santa Maria della Pietà.
31) ASD M, cart. Monteleone- convento di Santa Maria della Pietà.
32) AS VV, not. G. Perciavalle, istr. 28/04/1784.
33) AS VV, not. A. Teramo, test. 05/11/1778.
34) AS VV, not. T. Faccioli, istr. 16/11/1782.
35) AS VV, not. G. Perciavalle, istr. 28/04/1784. Il sig. Pasquale Orefice era probabilmente il già citato avvocato; AS CZ, fondo Cassa Sacra – Liste di carico , vol. 23° (1790), f. 704.
36) vedere n. 28.
37) AS VV, not. G. Perciavalle, istr. 28/04/1784.



Lo statuto della confraternita dell’Addolorata

Quel Dio delle vendette; che fè piovere fiamme desolatorie nelle Gomorre, Carboni vastatorij Truppe Tumultuatarie di Datan, ed Abitan, slargò bocche voraginose alla Terra, per fare ingoiare in un sorso le schiere sediziose di Chore, affilò il ferro delle Tribù Levitiche per far pagare sotto il taglio di quello la contumacia de’ circoncisi idolatri; versò veleni di pestilenze nella Palestina per un sol fallo Davidico, fè aprire il seno a’ gli Abissi per diluviare naufragij nell’universo; ancor oggi farebbe pompa troppo spaventevole del suo furore co(n)tro il Genere umano; se no(n) facesse scuto impenetrabile al riparo la Vergine Addolorata, mentre da essa, come attesta S(a)n Girolamo, Miserationem, et Misericordiam induit : facendoli cambiare lo sdegno in Amore, la vendetta in perdono, li flagelli in doni celestiali, e le pene dell’Inferno in Beatitudine eterna : ne ciò bastandoli all’Umanato Dio, ma per fare più Sfoggiosa gala di quella Pietà, che da Maria prese, volle, che tutti fossimo addottati per Figli della Vergine Madre, alora quando egli moribondo su la Croce, vedendo a’ suoi Piedi l’Afflitta, ed addolorata Madre, tutta languida ne singhiozzi, tutta spasimo nella mente, tutta spine nell’Anima, tutta Lancie nel Cuore, tutta Crocefissa nelle potenze, disse al suo diletto discepolo : Ecce M(ate)r tua giusta gli attestati del Cartusiano p. 2 c. 63 . ex hoc loco ubi dictum est ece Mater tua, Intelligitur quod Virgo Beata, non solu(m) Ioanni in Matrem traditur, imo toti eccl(esi)ae, universisque peccatoribus; con tutto ciò l’ingratitudine umana nulla apprezzando una tal Filiazione, hanno resa la Vergine più addolorata, a tal segno che molto dogliosa si dimostrò in una rivelazione a S(an)ta Brigida, verso quelle trascurate Creature, che per loro freddezza tralasciano di esser suoi figli, con questi accenti. Respicio ad o(m)nes, qui in mundo sunt, si fortè sint aliqui, qui co(m)patiuntur mihi, et valde paucos invento, qui cotigent tribulationem, et dolorem meum . lib. p.° revel. c. 27. Ma per farla da vera Madre Pietosa fè dissertare l’immensi Tesori di S(an)ta Chiesa, per arricchire questi suoi figli, concedendo la S(an)ta Memoria di Paolo V . Urbano VIII . Innocenzo XI. Inumerabili indulgenze a’ chi veste l’insegna di Maria addolorata, aggregandosi con Fratelli, e con sorelle alla Confraternità de’ Sette dolori della Verg(in)e Maria della Pietà. Contemplando in essa l’extremi dolori, che in tutta la sua vita, come anco a’ piè della Croce del suo Crocefisso Figliolo soffrì nel suo addolorato Cuore l’Appassionata Maria, Compromettendosi l’A-mante Giesù con parola Divina, come ne fà testimonianza S(an)ta Elisabetta in una sua rivelazione dargli per le preghiere della Sua Vergine Madre alli devoti de’ suoi sette dolori, invocando il dolciss(im)o nome di Maria addolorata quattro grazie speziali :
La P(rim)a che avrebbe loro conceduto p(rim)a di morire un vero dolore di tutti i peccati commessi, acciò avanti il suo D(ivi)no Tribunale no(n) avesse avuri l’infernale Inimico di che accusarli .
La Seconda di patrocinarli in tutti i Travagli, che potrebbero occorrerli in tutto il corso della loro vita, e principalm(en)te nel punto della loro morte .
La 3° che per farli maggiorm(en)te avanzare nel merito, acciò maggior grado di gl(ori)a potessero avere nel Cielo l’imprimerà nel Cuore una viva mem(ori)a della sua dol(oro)sa Passione .
La 4° che concederebbe à Maria l’assoluta plenipotenza di poter nella morte de’ divoti de’ suoi dolori disporne à suo arbitrio, contentandosi di q(ua)nto ella farà, e determinerà à loro benefizio .
Che però à vista di tali prerogative, che per mezzo di Maria addolorata si dispensano da Dio, fu abbracciato il suo S(an)to Abbitino da tutti i Monarchi, e Principi del mondo, fra quali li primi furono i So(m)mi Pontefici Inn(ocenzo) I°, Greg(ori)o Magno, Inn(ocenzo) III°, Greg(ori)o IX°, Urbano II°, Filippo il Bello Re delle Spagne, da Pietro IV° in Aragona, da Ferdinando I° in Portogallo, Enrico II° in Castiglia, e da tutti i loro successori à tal segno che Filippo IV° se ne dichiarò protettore de’ Confratelli della Vergine addolorata. nella Francia fù abbracciata da Filippo IV° e da Filippo VI°, Carlo VII°, ed il Rè santo Ludovico IX°, venerata nella Boemia , e nella Polonia, in quella Rodolfo d’Austria, ed in questa Vladislao, anco da Carlo V° in Roma, dalli Em(inentissi)mi Purpurati, anzi chè l’Ill(ustrissi)mo e Rev(erendissi)mo Capitolo di S(an) Pietro in testimonianza del suo zelo verso la Verg(in)e addolorata, volle con ricco diadema d’oro puriss(i)mo coronarne publicam(en)te la miracolosa Imagine nel 17 di Aprile 1695 nella Chiesa di S(an) Marcello de’ PP. Serviti .
Ordu(n)q(ue) se con tal brama viene abbracciata da’ Primi Principi del mondo, oltre l’Innumerabili benefizij hanno ottenuti dalla Vergine addolorata, ma per esser fatti certi p(rim)a della morte del perdono de’ peccati, e doppo di essa la Gloria del Cielo, or qual sarà quel uomo, che Conosciuti simili doni, velocem(en)te non corra a porsi sotto il Manto della Vergine appassionata, per goderne del suo Patrocinio in Terra, e come Figlio di una tal Madre addolorata vederla da Gloriosa col Figlio Giesù Trionfa(n)te nel Cielo.
Ed acciò con più fervore possa abbracciarsi una tal divozione da tutti i Fedeli, per esser partecipi di tanti beni, ed indulgenze concesse da ta(n)ti So(m)mi Po(n)tefici, e perseverare ne’ loro cuocila memoria della nostra appassionata Madre, e Regina de’ Dolori, si debbano osservare li seguenti capitoli :
P° - che ogni venerdì doppo le vesperi debbano radunarsi à suono di campana tutti li F(rate)lli, e sorelle in Chiesa per recitare la Coronetta de’ Sette dolori, ed assistere ad altri esercizij spirituali, che si fara(n)no in d(ett)a Chiesa in onore della Vergine addolorata.
2° - Che ogni terza Dom(eni)ca di mese debbano li F(rate)lli e sorelle, radunarsi doppo le vesperi per assistere alla Processione, si farà in d(ett)a Chiesa per guadagnare Indulgenza plenaria.
3 - che tutti i F(rate)lli, e sorelle debbano confessarsi, e co(m)musicarsi almeno una volta il mese.
4° - Che ogni divoto, che vorrà ascriversi à d(ett)a Confraternità, debba p(rim)a farsi Abito, e ma(n)belletto, ciò è una veste bianca per denotare che deve avere sempre la Coscienza purificata, per imitare la Purità della Verg(in)e, ed il martelletto di scottino negro coll’Imagine della Verg(in)e addolorata per compiangere con essa i suoi dolori.
M(o)n(te)Leone die 8 m(ensis) 9bris 1717 p(raese)ntata fuit in hac Ep(iscopa)li Curia Mileten per per R(everendissim)um P(at)rem F(rat)rem Patritium à Iesu M(ari)a Priorem Con(ven)tus S(anc)tae M(ari)ae Pietatis Ord(inis) Discal(ceatorum) S(anc)ti Augustini huius Civitatis M(on)tisLeonis, et in fidem

Antonio Tripodi, Diacono

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Giovanni Paolo II

"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù


Parole di Gesù Divina Misericordia a
Santa Faustina Kowalska
Non finisce con queste piccole imperfezioni, ti rivelo un segreto del Mio Cuore, quello che soffro da parte delle anime elette: l'ingratitudine per tante grazie è il nutrimento continuo per il Mio Cuore da parte delle anime elette. Il loro amore è tiepido, il Mio Cuore non può sopportarlo, queste anime Mi costringono a respingerle da Me. Altre non hanno fiducia nella Mia bontà e non vogliono mai gustare la dolce intimità nel proprio cuore, ma Mi cercano chissà dove, lontano, e non Mi trovano. Questa mancaaza di fiducia nella Mia bontà è quella che Mi ferisce maggionmente. Se la Mia morte non vi ha convinti del Mio amore, che cosa vi convincerà? Spesso un'anima Mi ferisce mortalmente e in tal caso nessuno Mi consola. Fanno uso delle Mie grazie per offenderMi. Ci sono delle anime che disprezzano le Mie grazie e tutte le dimostrazioni del Mio amore; non vogliono ascoltare i Miei richiami ma vanno nell'abisso infernale. La perdita di queste anime, Mi procura una tristezza mortale. In questo caso, benché sia Dio, non posso aiutare in nulla l'anima, poiché essa Mi disprezza; essendo libera Mi può disprezzare, oppure Mi può amare. Tu, dispensatrice della Mia Misericordia, parla a tutto il mondo della Mia bontà e così conforterai il Mio Cuore. Molte più cose ti dirò, quando parlerai con Me nel profondo del tuo cuore; lì nessuno può ostacolare la Mia azione, lì riposo come in un orto chiuso.
 


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