L'Associazione ¬ |
 |
La Diocesi ¬ |
 |
International view ¬ |
 |
Il Sito ¬ |
 |
Varie ¬ |
 |
Il respiro del Cuore ¬ |
 |
|
ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI
|
|
Data inserimento: 19/02/2005 OGNI VITA È VOCAZIONE (II DOMENICA DI QUARESIMA)
Vangelo (Mt 17, 1-9) In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti”.
Ogni vita è vocazione: lo slogan, che rischia ormai di diventare desueto, tanto è stato ripetuto in questi ultimi tempi, può ritrovare tutta la sua vivacità provocatoria nella domenica odierna per merito delle tre letture. Infatti i protagonisti di queste pagine sono persone che hanno condotto una certa esperienza di credenti o che si sono avviate su di essa per merito di una precisa coscienza di essere oggetto di particolare chiamata da parte di Dio. Primo protagonista è Abramo: il personaggio simbolo di tutti i chiamati del popolo di Dio nel Vecchio e nel Nuovo Testamento. La fede di Abramo è un “affidarsi” a Dio, all’evolversi della storia, dove ci sono sì alcuni periodici interventi dell’Alto, ma anche l’adesione a ciò che i fatti quotidiani, via via, propongono. Normalmente la vita dei credenti è segnata dalle provocazioni quotidiane, dagli avvenimenti di ogni giorno: quelli in cui sono impigliati anche altri credenti, come ogni uomo. Sono essi la nostra “prova”. E’ per essi che la Parola di Dio, che ci offre in varie maniere, dà indicazioni e suggerimenti. Così sono gli “stati di vita” in cui veniamo a trovarci che determinano il nostro modo di agire e che esigono risposte coerenti. Paolo e Timoteo sono i protagonisti “vocazionali” della seconda lettura. Paolo comunica al suo collaboratore perché l’alimenti in sé, la certezza di un rapporto vocazionale con Dio. E’ anche cosciente che Dio non ha guardato tanto alle sue opere, ma ha deciso per sua libera autonomia: “secondo il suo proposito e la sua grazia”. L’essenziale, per Paolo, e quindi per Timoteo, è utilizzare bene il dono ricevuto, anche se comporta sacrifici: “Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo”. La nostra coerenza vocazionale corre spesso il rischio di venir meno perché le difficoltà e gli impegnio come anche il camminare talora controcorrente, esigono volontà tenace e appello costante alla grazia di dio con la preghiera. Paolo invita a ricordare che non basta sentirci “chiamati” per essere certi di non fallire: ci sono croci, prove, crisi. La vocazione, il proprio spazio e ruolo nella Chiesa e nella società custodita ed alimentata ogni giorno. La crisi di fede, come la crisi di fedeltà alle norme morali, quando è accettata senza spavento e senza fughe, consente di fare un passo avanti nella personale maturazione. E quando la crisi – succede anche questo – deriva dal vedere che attorno a noi certi credenti abbandonano scelte fino a ieri vissute, è il momento di esaminare per potenziarle, i motivi che ci hanno spinti alle nostre scelte. Infine: chi vive accanto a persone in crisi vocazionali o di ruoli e ministeri nella Chiesa faccia come Paolo con Timoteo: condivida la faticosa e dolorosa esperienza (“Soffri anche tu insieme con me”) evitando di esasperare frustrazioni e stati d’animo incerti e potenziare ogni elemento positivo a favore della scelta già effettuata. Pietro, Giacomo e Giovanni sul Monte Tabor hanno una eccezionale occasione per avvertire il tipo di vocazione apostolica cui sono chiamati da Gesù. Hanno conferma della “eccezionalità” di colui che li vuole suoi collaboratori: è la voce autorevole del Padre stesso a indicarne la divinità e perciò la doverosità dell’ascolto di là da più celebri maestri e profeti dell’Antico Testamento: Mosè ed Elia. Però sono subito riaccompagnati da Gesù nel mondo per operare. Ogni vocazione è servizio; è presenza apostolica e missionaria; è prolungamento dell’azione di Cristo nella società. Anche la vocazione claustrale, per la dimensione misteriosa ma vera che hanno la preghiera, il silenzio, il sacrificio, è un vero servizio all’umanità. Per il credente questa è una certezza da coltivare, che aiuterà a comprendere che l’esercizio di una vocazione non si misura sull’efficienza operativa o pastorale (le cosiddette “opere”), ma su quanto si consegna al Signore della propria vita, (ad esempio la solitudine, l’impotenza operativa, la malattia, ecc.) perché lo faccia entrare nel ciclo vitale della salvezza. C’è ancora una figura di protagonista vocazionale da richiamare oggi: san Giuseppe, lo sposo di Maria Vergine, il padre putativo di Gesù, la cui festa liturgica la Chiesa celebra il prossimo 19 marzo. E’ un uomo che, sulla base dei racconti evangelici dell’infanzia di Gesù, appare come uno che la sua collocazione nella Storia della Salvezza, ha dovuto maturarla attraverso prove, dubbi e ricerche. Anch’egli, però, in definitiva, si è affidato alla Parola di Dio: quella conosciuta nella sua normale esperienza di credente del popolo di Dio (è questo il vero senso della sua qualifica di “giusto”) e nell’ascolto dell’Angelo/messaggero. C’è sempre un tramite fra noi e Dio nel cammino vocazionale: confessore, direttore spirituale, animatore educativo, ecc. Non è mai saggio procedere da soli! Questi protagonisti sembrano troppo lontani, o troppo in alto, rispetto alla nostra vita. Non è così. Noi della loro vocazione conosciamo i momenti particolari, quelli che li hanno “segnati” e provocati. Ma la loro vita è stata lunga, dentro anni di assoluta normalità come la nostra: è lì che hanno manifestato la loro fedeltà. E’ il caso di ribadire in particolare ai laici e per i quali sembra che il discorso vocazionale chieda particolari forme di presenza, quanto i vescovi italiani hanno scritto in “Comunione e Comunità Missionaria”: con la testimonianza della vita, la franchezza dell’annuncio, la competenza e la coerenza dell’azione, debbono animare di spirito evangelico le varie realtà ed attività temporali. Oggi la Chiesa richiede ai laici una presenza missionaria particolarmente là dove sono necessarie la promozione dei valori etici, la difesa e il sostegno della vita e della dignità della persona umana, la capacità di armonizzare Vangelo e Cultura e di iscrivere la novità di Cristo e del cristianesimo nel tessuto dei rapporti umani.
|
|
Giovanni Paolo II
"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù
|
Parole di Gesù Divina Misericordia a Santa Faustina Kowalska
|
|
Ho presente ogni palpito del tuo cuore; sappi, figlia Mia, che un solo tuo sguardo verso qualcun altro, Mi ferirebbe più di molti peccati commessi da un'altra anima.
|
|
|