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ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI
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Data inserimento: 18/10/2008 XXIX DOMENICA DL T.O.: RENDETE A DIO QUEL CHE È DI DIO.
Non si può non ricordare che linsegnamento di Gesù: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" ha segnato tutta la storia dellOccidente cristiano.
Nei secoli esso ha impedito la fusione dei due ordini, ha impedito ai cristiani lidolatria delle forme politiche e statuali e la sottomissione delle Chiese ai poteri mondani. Ma, stabilendo un primato, ha anche suggerito la necessità di un nesso che però non travalicasse mai la distinzione.
Inoltre, chiedendo di mostrargli la moneta, Gesù pone la questione della proprietà: «Di chi è ...?» E dopo aver posto linterrogativo sulla proprietà, presenta la necessità della restituzione (apodosis). Noi siamo proprietà di Dio. "Moneta di Cristo è luomo; in essa cè limmagine di Cristo... il nome di Cristo... i benefici di Cristo", scrive Agostino (Serm. 90,10,116s.).
Essendo noi proprietà di Dio, Suo possesso, il dare a Lui noi stessi è un rendere (redditio), un ridare. Luomo che sa "di chi è", può concepire il rendere e il ridonare come qualcosa di perfettamente consono alla sua origine e alla sua natura. Luomo che non sa più "di chi è" è totalmente incapace di una vera offerta di sé, avvertendo la donazione come una perdita, una possibile sparizione di sé.
Don Massimo Serretti
Fonte: www.oecumene.radiovaticana.org
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Giovanni Paolo II
"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù
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Parole di Gesù Divina Misericordia a Santa Faustina Kowalska
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Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'inferno. E un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio; la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle orribIli torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l'eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è.
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