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ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI
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Data inserimento: 15/11/2009 XXXIII DOMENICA DEL T. O. ANNO B: VEDRANNO IL FIGLIO DELLUOMO
“Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”. È questo l’annuncio, il messaggio centrale della Liturgia di questa Domenica, ma anche il contenuto della Fede che professiamo quando nel Credo affermiamo: “E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”. Di per sé tutta la Liturgia Eucaristica, e conseguentemente la nostra vita cristiana come suo naturale prolungamento, è un costante richiamo a questo dato: il Signore ritornerà. Quando, non ci è dato di saperlo, poiché “quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”, pur tuttavia sappiamo che questo deve accadere, e che vedrà ciascuno di noi protagonisti. Infatti, sia che saremo ancora in questa vita sia che da tempo dormiremo il sonno della morte, il ritorno nella gloria e nella potenza di Cristo coinvolgerà ognuno di noi, nel bene o nel male: così ci ha detto il profeta Daniele ricordandoci che“molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e altri alla vergogna e per l’infamia eterna”; così ci ha detto Gesù confermandoci che Dio Padre: “manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”. Questo è il dato oggettivo e concreto: il Signore ritornerà come Giudice dei vivi e dei viventi. È con questa verità che tutta la nostra vita attuale deve fare i conti se non vuole disperdersi e intristirsi nell’oggi che inesorabilmente passa. Perché il significato della nostra vita non sta nella vita stessa ma nell’eternità, in qualcosa cioè che ci precede e ci attende: è tutta la vita che chiede l’eternità come compimento del suo significato. Ma “l’uomo moderno” - si chiedeva il Papa nell’Angelus del 1° novembre 2006 “l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga ad una mitologia ormai superata?”. Di fatto, anche nei nostri ambienti cristiani, quando non rimandato il più oltre possibile, questo sguardo sull’eternità sembra tristemente perduto. Si vive “giorno per giorno” cercando di star bene qui, di essere felici qui, di guadagnare qui: il progresso e il benessere, il sogno dell’eterna giovinezza poi fanno il resto. Così, anche tra noi –sacerdoti compresi- spunta qua e là, la convinzione tacita e sotterranea che tutta la vita si compia qui e, quindi, che ogni sforzo debba essere compiuto solo per l’immediato….proprio come quel tale della parabola che si gongolava per i suoi raccolti ricchi e i suoi granai pieni mentre in quello stesso giorno la sua vita sarebbe finita e avrebbe perso tutto, sé compreso. Egli sognava in un quieto sonno ciò che, in realtà non avrebbe mai potuto godere…perché la vita, sia quella presente che quella futura: non è sogno. La Parola di Dio, dunque, ci desta da questo “sonno della ragione” che, scrive Cervantes nel Don Chisciotte, “genera mostri”. E la mostruosità del nostro tempo sta proprio nella dimenticanza di Dio e, conseguentemente, nello sminuimento del nostro “Io” che nel profondo dell’essere continua a manifestare un anelito di una Giustizia, di una Verità e Felicità piena. Siamo invitati a destarci da questo sonno della ragione e del cuore, se vogliamo essere pronti a passare dall’essere vivi al divenire viventi in Dio. Abbiamo bisogno di far rincasare Cristo nel nostro cuore, nelle nostre menti, nei nostri rapporti, nelle nostre famiglie, nei nostri affari e nelle vicende della vita, persino dobbiamo farlo rincasare nella sua Chiesa e nelle nostre Comunità cristiane, poiché Lui solo -il Signore del tempo e della storia- è la compagnia necessaria perché la vita presente e futura diventi veramente serena e felice. Alla fine, tutti e tutto ci lasceranno ma non la sua compagnia: la sua compagnia non ci abbandonerà nemmeno nella morte perché porta con sé la promessa dell’eternità. Da qui nasce la speranza tipicamente ed esclusivamente cristiana: la fine di questo mondo non coincide con la fine di tutto ma con l’inizio del Regno di Dio, un Regno che sarà aperto per chi lo ha atteso, desiderato non a parole ma con le opere di una vita protesa ad esso. Ciò che dobbiamo chiedere, allora, ci suggerisce la Liturgia è che i nostri cuori stiano in alto, protesi verso Dio la cui compagnia eterna e fedele è la vera consolazione davanti al Destino che ci attende. “Di questo” ci suggerisce il salmo 15, “gioisce il nostro cuore ed esultano le nostre anime”: per quanti rimangono fedeli a Cristo, obbedendo ai suoi comandamenti e lasciandosi da Lui guidare nel sentiero della vita, non c’è paura o timore davanti a ciò che ci attende perché sarà un’eternità di “dolcezza senza fine”; perché il Signore non abbandonerà la nostra vita nel sepolcro ne lascerà che i suoi figli vedano la corruzione. “La Vergine Maria, porta del cielo e stella del nuovo mattino, ci guidi a scegliere in ogni momento la vita eterna, la "vita del mondo che verrà" - come diciamo nel Credo; un mondo già inaugurato dalla risurrezione di Cristo, e di cui possiamo affrettare lavvento con la nostra conversione sincera e le opere di carità” (Benedetto XVI, Angelus 01.11.06).
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Giovanni Paolo II
"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù
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Parole di Gesù Divina Misericordia a Santa Faustina Kowalska
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Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'inferno. E un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio; la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle orribIli torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l'eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è.
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