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										Data pubblicazione: martedì 9 marzo 2004
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							MATERIALE PASTORALE - MEDITAZIONI 
							Sesta meditazione SULLO ZELO DI GESU’ SOFFERENTE 
							Pro  omnibus mortuus est Christus,ut qui  vinunt,non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis  Mortuus est. << Cristo è morto per tutti, affinchè coloro he  vivono non vivono per se stessi, ma per colui che è morto per loro>>. (2 Cor 5,15)
  Non si può  spingere lo zelo più lontano, né ci può essere più ardore , perché arriva fino a morire, né più estensione, poiché  abbraccia tutto l’universo, e non dipende da Gesù che tutti gli uomini non si salvino. Sicchè , signori, se ci danniamo, non possiamo accusarne il nostro buon Maestro, poiché egli ha dato la vita per la redenzione degli uomini, ed è certissimo che noi non siamo esclusi da questa redenzione. Dilexit me  et  tradidit semetipsum pro me. Mi sembra che, dato che abbiamo tutti l’intenzione di passare i giorni che ci restano fino a Pasqua nel più stretto ritiro e ai piedi di Gesù crocifisso, non potremmo occuparci più utilmente che  nel considerare lo zelo che l’ha attaccato a questa croce e  l’intenzione che ha avuto che tutti traggano vantaggio dalle sue sofferenze. In qualsiasi stato siamo, di fervore, di tiepidezza, o d’insensibilità, vi troveremo considerazioni che potranno confermarci nella pratica farvi predestinato: Fac ut praedestineris. Entrate nel cammino. Non lo conoscete? Andate ad apprenderlo da un saggio direttore. Vi  ha giustamente   fatto temere di andare all’inferno per un cammino? Abbandonatelo per prendere uno migliore. Spero  che questa volta apriremo gli occhi. Ma il secondo punto  ci servirà molto.
 
 
  II Il suo zelo si è steso fino ai tiepidi, fino ai peccatori. Ciò è  tanto più ammirevole, perché questi dovevano servirsene in maniera tanto poco onesta, e testimoniare tanta scarsa riconoscenza, o piuttosto tanta ingratitudine, che  sorprende che egli si sia dato la pena di toglierli  dalla disgrazia in cui si trovavano. Si dirà, forse, che vi sono uomini che danno zelo per i peccatori. E’ differente: 1. essi  non ne hanno ricevuto offesa; 2. se  non ne ricevono ricompensa dai  peccatori, ne riceveranno da Gesù Cristo. O mio Dio,quando, da un lato, considero queste sofferenze e queste brame  di soffrire, e dall’altro, rifletto per chi sono,  per noi, per noi dico, che   non vorremmo fare per voi quanto costi la minima pena: 1.. che vi contestiamo inezie; 2. che non stimiamo neppure questo beneficio; 3.  che non  ci degniamo trarne vantaggio; che bontà, che zelo! Ma quanto è puro, quanto è disinteressato! Perché non la lasciate perire, quest’anima disgraziata  che fa tanto la difficile,  che si fa tanto pregare, ecc. Io senza dubbio  lo meritavo. Ma la vostra compassione è stata più grande di tutti i miei delitti.Voi vi siete commosso al vedere il danno che avrei subito, i mali in cui sarei caduto,  e questa vista,  nonostante la mia   indengnità, vi ha fatto desiderare la morte per salvarmi. Ma a che cosa  mi serve tanta compassione, se non smetto di perdermi? A che cosa mi serve questo zelo, se io non ne ho per me stesso? E’ vero che senza di noi, voi non ci salverete: Qui creavit   te sine te, te non salvabit te. Ma si può vedere una  negligenza simile? Si tratta di un affare di così poca importanza, che non ci tocca più? Abbiamo mai ponderato di che si tratta?   
  Occupazione per la solitudine della Settimana Santa Di che si tratta? Ci parlano tanto di questa salvezza,  Di quest’anima, di questa eternità; ci hanno fatto tante prediche. E’ proprio vero che sono al mondo solo per salvarmi?  E’ proprio vero che Gesù Cristo si è fatto uomo soltanto per questo?    E’ proprio vero che debbo morire, essere giudicato, rendere conto, essere punito, o  ricompensato, eternamente?  Abbiamo le orecchie rintronate da questi discorsi.  Ma tutto questo è proprio vero? Sono convinto che Dio mi vede, Che è testimone delle mie viltà, che, quando rifiuto un’ispirazione, rifiuto lui,  che è lui che offendo, che è il suo sangue che calpestato? O sono segni, o sono verità. Se sono sogni facciamone ancora di Più; divertiamoci: Fruamur bonis quae sunt, edamus et bibamus, ecc. Nullum sit pratum, quod     non pertranseat luxuria nostra. Continuiamo ad amare il mondo, a tenere più in conto gli uomini che Dio più il corpo che l’anima. Ma se, come credo, sono verità, se è vero, com’è vero, che io vivo e parlo ecc., a che cosa penso,  a che cosa ho pensato fino a quest’ora?    E se fossi morto, e se morissi adesso, che cosa ho fatto? Dio mio, quanto siete buono per avermi atteso! Ma voi non potete aspettare sempre;     la morte verrà presto, o forse non tanto presto; ma dice san Giovanni Crisostomo: << Pensate di che si tratta. Rischiare la propria anima  su un ‘’forse’’, significa aver perso il senno>>. Vediamo, dunque, se questo affare è al sicuro. Sono sul cammino che conduce al Cielo? Sono sicuro che, continuando come faccio, 1. sarà sufficiente, 2. non diventerò peggiore, 3. sarò contento all’ora della morte? <>. Se state male,  peggiorerete, perché quando ci si trova   nella  rilassatezza, non se ne torna indietro tanto facilmente.Inoltre questo tempo forse non verrà mai. Sarete  giudicati sullo stato in cui sarete, non su quello in cui avevate l’intenzione di essere. Richiamiamo un buona volta  la vostra ragione a consiglio. Se io credo fermamente,  che cosa voglio dire, dov’e la mia  ragione, dov’è il mio senno?   Quando ci fosse solo un dubbio, vedete  questo  mercante come si disfa della sua merce;come quest’uomo getta i suoi mobili, per paura dell’incendio, come esce in camicia;   e quest’altro, come dà il suo denaro; questo malato,   come si lascia amputare. Ma  non è un’incertezza, è una verità.  Proprio così, la mia salvezza è in pericolo, sono in pericolo di perire eternamente; dipende solo da me mettermi al sicuro, e io non faccio tutto ciò che posso, non faccio quasi niente, non faccio niente! Bisogna decidersi: non è una  faccenda da nulla. Se è l’eternità  che  ci attende, cinquant’anni di vita non sono nulla.   Signori, quando esaminiamo tutto ciò a sangue freddo e con Animo non preoccupato, non sappiamo più dove siamo, non sappiamo se siamo razionali, se siamo vissuti in un incantesimo.  Ma Dio mio, si dice, bisognerebbe proprio vivere in un altro modo! Non sogno ciò che sono; tutto il mio animo è ricolmo di piani per la mia fortuna, ed è un divertimento. O Dio mio, non è di questo che si tratta: sono cose passeggere, e io ho da  gestirne che durano per sempre. Come sono vissuto? Come  mai mi sono tanto divertito? Come mai   ho fatto tanto caso a Ciò che ne merita tanto poco? Debbo dunque passare per un insensato agli occhi delle persone sagge e giudiziose. No, non si può credervi tale, giacchè si vede bene che in tutto il resto avete giudizio; ma  in ciò vi comportiate con tanta  trascuratezza è da non credere, se non lo si vedesse tutti i giorni. Io non sono uno che ha più penetrato  queste verità, ma con la scarsa intelligenza che ne ho, confesso che la condotta del mondo in ciò mi è più impenetrabile che la Trinità, e che l’eternità. Non vedo  nulla   nei nostri misteri che sia contrario alla grandezza, alla bontà, alla potenza di Dio; ma qui tutto mi sembra opposto alla nostra stessa ragione. Sono contraddizioni spaventose tra la fede, la ragione e la nostra condotta. E’ proprio sorprendente. Ma quel che colpisce è che ciò che Ci fa sviare, sono soltanto inezie e falsi timori; è che sarà così fino alla fine, come se non se ne fosse mai parlato; è che non si riesce a fare ben capire ciò che si sente. Dio mio, a che ci serve la ragione? Allora, devo continuare in questa maniera di vivere?- Sì- Per quale ragione? Vi sfido a darmene una sola.  Cambiamo, dunque, a partire da oggi, perché forse non ci sarà più tempo domani. Facciamo qualche cosa per noi, per i quali Gesù Cristo ha fatto tanto. Ci ha  insegnato che cosa bisognava fare. Dio mio,  rendici utile questa considerazione,   Eccoci convinti. Ma a che cosa  ci servirà tutto questo, se non a renderci inescusabili? III E’ morto per i reprobi. Christus mortuus est  pro peccatis nostris. Non  pro nostris autem tatum, sed et  pro totius  mundi. Perchè? Per non avere niente da rimproverarsi, affinché i reprobi non abbiano niente, neppure loro, da rimproverargli, e che non abbiano niente da dire quando saranno condannati all’inferno. E’ per questo che il giorno del giudizio la croce adorabile del mio Salvatore e le sue piaghe convinceranno i reprobi della loro ostinazione; a questo  spettacolo taceranno. Avranno l’ardire di difendersi con l’impossibilità  dei comandamenti loro dati? Sarà loro presentata la croce, da cui scorrevano le grazie destinate a incoraggiarli, a fortificarli. Diranno  che non sapevano di che si trattava, che sono stati ingannati e che  non pensavano che la faccenda fosse tanto considerevole, che avevano considerato il peccato come un’inezia? <>. Un Dio morente dovrebbe almeno persuadervi che la faccenda esigeva qualche  momento di seria riflessione. Indurranno a pretesto che non sapevano per quale via andare al cielo? E non è stato loro predicato tante volte? Non hanno tanti esempi davanti agli occhi, tanti libri che glielo insegnino? Perché è morto? Per porre la sua giustizia al sicuro, e perché i dannati non  potessero lamentarsi della maniera equa, ma molto rigorosa, con cui li punirà. Voi, peccatori, non volete considerare ora un Dio crocifisso per amor vostro   e per  salvarvi; l’avrete per tutta l’eternità davanti agli occhi,   e questo oggetto, di cui non avrete voluto trarre vantaggio, costituirà il vostro tormento maggiore. Queste piaghe, questo sangue, quest’agonia tanto crudele vi rimprovereranno eternamente la vostra insensibilità. Accasciati da questi rimproveri,  gemerete inutilmente; direte, e lo direte sempre con disperazione: <>. Dio voleva pormi in cielo;    ecco che cosa ha fatto per questo; era  segno che voleva proprio, e io non ho voluto approfittare di tanti dolori, di tanti sforzi, di cure così grandi. Una soddisfazione tanto grande non m’è servita a niente! Vi esorterò ad avere zelo gli uni per gli altri a imitazione di Gesù Cristo. Ma se siete fervorosi, non c’è bisogno che vi esorti a questo; quando uno ha conosciuto l’importanza della salvezza e quanto Dio è amabile, vi opera senza pensarci. Se siamo tiepidi, come possiamo essere suscettibili di zelo per la salvezza degli altri, visto  che trascuriamo  la nostra? Se non facciamo le cose necessarie per noi, come faremo per gli altri le cose in più? Non mi resta, dunque,  che pregarvi di ascoltare Gesù Cristo, il quale,   dall’altro della croce,vi dice: Tutte queste pene mi sono sembrate leggere in confronto a quelle che vi risparmiavo.   Perché ne fate tanto poco conto? Perché lusingate tanto questo corpo, alla vista del mio tutto lacerato? A che servono tanti piaceri, tante dolcezze, se io ne sono totalmente privato per amor vostro? Miserere animae tuae  placens Deo. Abbiate pietà della vostra anima. La morte non metterà un termine alle sue miserie, dato che è immortale. Il vostro corpo perirà: non ne resterà  più nulla, e voi lo rimpinzate di piaceri,  che aumenteranno i tormenti dell’anima  per tutta l’eternità! Miserere  animae tuae. Credetemi, abbiate pietà della vostra Anima, di cui io ho avuto tanta compassione. Non potete salvare la vostra anima se volete conservare il corpo;   essa perirà infallibilmente, è un  articolo di fede, se non fate perire il corpo. Siate dunque saggi    per una volta e   in una faccenda tanto importante. Mettetevi al sicuro; non c’è altro cammino  per il cielo oltre a quello che vi ho mostrato. Ve l’ho tracciato; sono il vostro modello, ed essendo stato il primo a subirne tutte le difficoltà, che cosa dovete temere dopo esempi tanto grandi?  Abbracciate, dunque,  questa croce; soltanto per mezzo di essa potete entrare ne paradiso che vi prometto,  se vi abbracciate ad essa a me. Non bisogna avere dubbi, anime sante: non c’è salvezza fuori della croce. In vista di ciò. Ditele col discepolo del Salvatore: O bona crux, quae decorem ex membris Christi eccepisti.  Ma ditelo di buon cuore.    O croce buona, croce amabile,  quanto vi fate desiderare, quanto vi fate attendere!   Dove eravate nascosta allora, quando vi cercavo con tanta ansia? Quante lacrime e sospiri   mi siete costata!   Ma finalmente sono oltremodo felice, perché, dopo tutto ciò, vi possederò e morirò tra le vostra braccia. Se questi sono i sentimenti Che Gesù Cristo e i santi hanno  avuto della croce, Di mio, quanto sono diversi i nostri sentimenti!  Quanto si sono dati da fare i santi per cercare la croce!   Con quanta cura noi l’evitiamo! Dobbiamo proprio avere interessi molto diversi o, se Gesù Cristo non s’è sbagliato, trovarci in un errore spaventoso. E allora  prometteremo a Dio di andare a cercare in futuro le croci più dure?  No, ascoltatori cristiani, non vi do questo consiglio; questo è ancora troppo forte per noi;  mancheremmo alla nostra parola: non bisogna  promettere nell’orazione niente che non possiamo mantenere;  bisogna  pensare che è a un Dio   che facciamo promessa. A che   cosa dunque ci servirà la vista di tutti i tormenti del divino Salvatore? A umiliarci, a confonderci. Quanto mi vergogno di aver ricevuto la croce tanto male, di aver testimoniato tanto scarso amore, tanto poca  sottomissione! Dio mio,  come mi sono comportato  alla minima parola?  Quante viltà!  Che discorsi ho tenuto! Quale consolazione, se avessi sopportato pazientemente tutto ciò che mi è capitato! Che tesoro di grazia e di merito! Passati tutti i mali, mi resterebbero meriti e ricompense eterne. Se non posso forzare il mio cuore ad amare la  croce, almeno l’obbligherò ad amare un po’ meno il piacere. Me  ne asterrò spesso per amore vostro, Dio mio, e così forse mi disporrò a ricevere beni più grandi. Divino  mio Gesù, benedite le nostre risoluzioni, rendetele efficaci, ecc.
  
							Claudio De La Colombiere s.j., Santo 
							
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