Data pubblicazione: sabato 4 gennaio 2003
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RUBRICHE - VIVERE INSIEME
Fatta la legge, trovato l’inganno…a proposito di educazione
A maggio del 2001 la Regione Calabria ha approvato, sotto la presidenza Chiaravalloti, la legge 16 che riconosce e vorrebbe valorizzazione la funzione sociale svolta dalla comunità cristiana e dagli operatori parrocchiali nell’ambito del percorso formativo della persona. Una legge salutata con grandi proclami e presentata ai parroci come panacea di molti problemi, soprattutto da chi nelle parrocchie conserva buoni serbatoi di voti. In realtà quella legge, parla di finanziamenti e non di contributi e per il 2001 prevedeva circa 250.000 Euro da dividere in basi ai progetti che le stesse comunità cristiane dovevano presentare entro il 31 dicembre (fermo restando che le parrocchie sono circa 2000 in tutta la regione). Gli stessi dovevano essere valutati da una commissione provinciale che poi avrebbe trasmesso il tutto ad una commissione regionale. Ad oggi la Provincia di Vibo Valentia ha convocato la commissione una sola volta per il suo insediamento e ancora restano da valutare i progetti del 2001. Siamo già nel 2003 e ci si chiede quando le altre commissioni provinciali si riuniranno, visto che a Catanzaro, di questa commissione non si è vista nemmeno l’ombra. In questi giorni poi, l’Assessorato alla cultura della Regione Calabria ha dirottato i progetti presentati dalle Parrocchie per iniziative culturali sulla legge 16 (che invece parla di finanziamenti e non di contributi) escludendo di fatto le parrocchia dall’accesso ai contributi che, di fatto, fino all’anno scorso avevano ricevuto. Pare che i fondi siano insufficienti per “accontentare” tutti (110.000 euro) e quindi si è provveduto ad “indirizzare” le parrocchie verso questa legge creata ad “hoc” per loro. Provvedimento illegittimo, visto che fino all’anno scorso le parrocchie hanno ricevuto questi contributi e la legge 16 è stata promulgata nel 2001. Questo significa che la Gazzetta Ufficiale della Regione viene letta poco dai funzionari preposti. Così non si vedranno né contributi e né finanziamenti e se ci saranno andranno a beneficio di chi “sa presentare progetti significativi”. Ci si chiede poi come potrà essere valutata la bontà di questi progetti nel percorso formativo della persona e, soprattutto, con quale ricaduta sociale, visto che la legge 16 non ha nessun regolamento attuativo e non dà criteri di valutazione. Per assurdo riparare una persiana, mettere a posto un gabinetto, tinteggiare un locale, potrebbe beneficiare dei finanziamenti di questa legge (che comunque vanno restituiti ad un tasso agevolato, previo pre-ammortamento triennale) quando a me hanno insegnato che la formazione e l’educazione sono questioni di persone e non di strutture e gli ambienti educativi sono anzitutto le persone che li fanno e non i muri. A conforto di quanto sto dicendo vorrei citare una recente ricerca del Censis “I Giovani e la Cultura nell’era della comunicazione”, i giovani intervistati affermano: la cultura deve “dare senso, orientare, offrire guida” ,“deve promuovere la civilizzazione”, deve “denunciare le cose che non vanno”. La percezione che della cultura si ha non è come “una cosa dei tempi della scuola”, ma come la manifestazione più evoluta del pensiero e dall’agire umano, un lievito che deve essere vitale e attivo all’interno della società, cui si attribuisce esplicitamente una funzione di leadership. Quando ai giovani si chiede se per loro esista un uomo o una donna di cultura, italiano o straniero, vivente o no che rappresenta un punto di riferimento intellettuale, quasi il 70% risponde no. E’ sconcertante che questi giovani non sappiano indicare il nome di un solo riferimento culturale, di una figura significativa, di un “interlocutore d’anima”, di un Maestro. Un “vuoto” che sale all’82% tra gli intervistati a più bassa scolarità. Un’assenza che al Nord Est sfiora l’80% . Tra quanti indicano un punto di riferimento, il personaggio che raccoglie maggiori preferenze è Rita Levi Montalcini, seguito da Madre Teresa di Calcutta e dal Papa. Più che riferimenti culturali, sono modelli esemplari per l’esistenza, sono maestri di vita. Sono Autorità indiscutibili, in virtù di un carisma scientifico o religioso. E nel caso delle prime posizioni sono donne. Questi giovani, senza padri né maestri, sembrano esprimere un bisogno disperato di certezze, di riferimenti solidi e indiscutibili, di maestri di vita prima ancora che di cultura. Il bello arriva qui: tra i giovani che partecipano o hanno partecipato ad attività ecclesiali si riconosce una sorta di oligopolio delle realtà aggregative. Il primato spetta a quegli organismi a carattere formativo come l’Azione cattolica (o lo scoutismo cattolico), che raccolgono attualmente il 15,3% dei giovani che partecipano a realtà ecclesiali. Accanto a questi seguono le realtà di volontariato (12,1%) e quelle parrocchiali senza alcuna etichetta (11,7%). In via generale, si constata che – attualmente - le attività ecclesiali e parrocchiali con qualche spostamento sul “sociale” risultano tendenzialmente più sostenute, specialmente nel Centro Sud, rispetto a molte altre realtà aggregative, di tipo più spirituale. I giovani del Centro Italia (17,5%) e quelli del Sud (15,8%) sono attualmente i più motivati nel servizio del volontariato mentre nel Nord si manifesta qualche segnale di disaffezione: in particolare tra i giovani del Nord est, dove la fuga dall’impegno di volontariato è sensibile (16,7% nel passato, 1,9% oggi). In parlamento si sta discutendo una legge nazionale sullo riconoscimento del ruolo educativo delle parrocchie e degli oratori nel processo formativo della persona, con ben altri presupposti e interlocutori. Come al solito al Sud non sappiamo niente i tutto questo, e stiamo qui a lesinare qualche euro per mettere a posto la vecchia canonica, piuttosto che il campetto da calcio. Vista la legge e con essa l’inganno, che volutamente non ho dichiarato, ma che il lettore attento ha già percepito, certi lavori conviene farseli in economia. A chi è coinvolto nel lavoro con i giovani e per i giovani chiedo di ritirare i loro progetti, di rifiutare il finanziamento (se ci sarà), di non legarsi a logiche di do ut des. Educare è questione di cuore, diceva san Giovanni Bosco, non questione di amici o di partiti. Ai legislatori consiglierei di leggere la ricerca citata e vedere come in Calabria, tolte le parrocchie, nei nostri paesi specie quelli dell’entroterra, la realtà sarebbe tamquam tabula rasa…altro che finanziamenti, altro che 250.000 Euro, ci sarebbe solo da apprezzare e da ringraziare chi ancora riesce a garantire, tra tante difficoltà, la tenuta sociale. D'Alessandro Don Salvatore Danilo
Don Salvatore Danilo DAlessandro
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