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Data pubblicazione: martedì 7 gennaio 2003  

MATERIALE PASTORALE - TEOLOGIA

La dimensione della carità rivelata come aspetto specifico del cristianesimo.

1. Introduzione: oltre la filantropia

In questo breve lavoro intendiamo rilevare come la carità cristiana abbia una sua peculiare natura e fondamento. Essa affonda le sue radici nell’humus anticotestamentario che porta a maturazione la sua rivelazione in modo graduale e variamente articolato fino a giungere in pienezza e compimento nel N.T. in Gesù Xto, il quale lascia come sua eredità attiva e vivificante il testamento dell’amore che ha la sua possibile attuazione solo nella potenza dello Spirito Santo, dono personale ad ogni battezzato, ma anche forza attiva che coinvolge tutta la storia incanalandola verso Cristo. La carità cristiana infatti non rinnega ciò che di giusto e santo c’è nell’amore umano, ma lo fa per così dire implodere nelle sue potenzialità valorizzandolo al massimo e portandolo a compimento. In realtà ciò che è autenticamente umano è anche autenticamente cristiano, in quanto il cristianesimo altro non è che, con le parole di Jacques Mariten, un "umanesimo integrale". Ciò che dà autorità all’umanesimo cristiano è dunque la dimensione rivelata che non si ferma ad una fatto intellettualistico o meramente moralistico, ma che affonda le sue radici nella vita stessa di Dio come essere sussistente fin dall’eternità in una comunione relazionale trinitaria d’Amore, e nella natura stessa dell’uomo come essere creaturale ad immagine e somiglianza del suo Creatore.

2. Attuazione teologico morale

Dunque la carità ha le sue radici nella vita stessa di Dio rivelata in Gesù Cristo e donata ai suoi discepoli nello Spirito Santo. Da ciò comprendiamo come la morale cristiana sia una dimensione del tutto nuova rispetto alla morale semplicemente umana. Essa più che un fare è un essere.
Il cristiano è "l’uomo nuovo" legato a Xto nel Battesimo tramite l’azione dello Spirito Santo. Questo lo fa attingere in modo mistico alla vita di Dio in Xto che ha il suo apice nella morte e resurrezione. Ciò ha due effetti fondamentali distinguibili solo logicamente: uno negativo: l’annientamento del peccato originale e dei peccato attuali; l’altro positivo: l’immissione nella vita intratrinitaria, cioè nella comunione d’amore che c’è tra il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Ecco, allora, che vivere cristianamente non significa osservare una serie di precetti, pur sempre necessari, che resterebbero solo dei momenti chiusi in sé stessi, delle opere buone, al contrario significa coinvolgere tutta la propria vita in questa dinamica d’amore che consiste nel dono totale di sé stessi a Dio per i fratelli.
Così il cerchio caritativo si chiude: dal Padre al Figlio nello Spirito, da questi ai discepoli che amandosi ritrovano Cristo il Padre.

2.1 Dall’essere di Dio all’essere dell’uomo

Il CCC al N° 234 dice: «Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana». È il mistero di Dio in se stesso. È quindi a sorgente di tutti gli altro misteri della fede…. «Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre e Figlio e Spirito Santo…». Ne consegue che la vita del cristiano già conformato interiormente al mistero trinitario deve attuare tale mistero anche nella sua dimensione etico–pratica. Mentre in Dio le due dimensioni ad–intra e ad–extra, rispettivamente la prima nella vita beata dell’eternità e la seconda nell’Incarnazione, vita, passione e resurrezione di Xto, l’unigenito del Padre, sono perfettamente coerenti e manifestative l’una dell’altra con le debite distinzioni; nell’uomo ciò non si verifica proprio perché attualmente esso si trova nel cammino storico che va verso la pienezza della realizzazione della propria esistenza in Dio.
L’escatologia cristiana definisce tale stato come del già e non ancora. L’uomo cammina verso il non ancora cioè la pienezza della vita divino in lui, ma ciò è possibile solo perché possiede già «la caparra dello Spirito» che gli consente di essere sganciato da quei dinamismi di peccato intrastorici che lo alienano da Dio e conseguentemente dall’altro uomo e viceversa. Il quadro, allora, dell’individualismo, dell’autorealizzazione, dell’asservimento dell’altro ecc. si trova all’opposto di quella che è la dinamica Trinitaria d’amore. Esso comporta la negazione della dimensione creaturale dell’uomo. Infatti in un’ottica di fede della rivelazione sappiamo che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, cioè in modo analogo al mistero dell’"antologia trinitaria", il quale consiste in una vita che si svuota per amore, il Padre, per generare un’altra vita identica a se il Figlio che ricambia totalmente questo dono d’amore, lo Spirito. È allora "il darsi" che struttura l’esistenza trinitaria come evento incondizionato. «Ma proprio in questo darsi la trinità ha la sua identità in quanto il donarsi è il salvaguardarsi, è la possibilità stessa di assistere in un vortice di amore infinito.
Se questo è l’essere del Creatore, analogicamente così deve essere anche la creatura nella sua attuazione storica. Il peccato in ciò che ha impedito l’attuarsi di tale dimensione nell’uomo. Questa dimensione però viene ricreata in Cristo e partecipa all’umanità nello Spirito Santo». Così dunque «l’individuo perviene a pienezza non nella solitudine del proprio io, ma nel noi comunitario e comunionale, in una società che permetta alla libertà personale di potersi attuare nel dono di sé all’altro» (Stefano) 603.

2.2 Le opere della carità

Ora, in questa prospettiva, la carità non può restare inoperosa proprio perché ciò fa parte della sua essenza. Essa infatti è un amore che ingloba tutte le dimensioni dell’uomo nel coinvolgimento anche della realtà che lo circonda. Così l’apostolo Giacomo dice che la fede, strettamente legata alla carità, senza le opere è morta, in quanto queste stanno ad indicare una interiorizzazione profonda ad una assimilazione crescente al mistero a cui già ontologicamente il cristiano appartiene. Tale mistero però richiede di essere attivato tramite una libera adesione anche nella dimensione caritativa verso il prossimo. Esso è dentro di lui ma anche attorno a lui. La carità allora non è qualcosa di statico che può essere vissuto solo un una dimensione spirituale intimistica. La stessa storia della spiritualità cristiana ci indica come in realtà o più grandi contemplativi sono stato coloro che di più hanno vissuto autenticamente la dimensione attiva, pur non mancando delle eccezioni che avrebbero bisogno di essere trattate a parte.
La carità dunque impone di fruttificare nelle opere buone. Gli esempi di questa operosità nella Scrittura sono numerose basti qui ricordare quelle indicate da Gesù: dar da bere agli assetati, dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, visitare i carcerati, soccorrere chi si trova in qualsiasi tipo di bisogno ecc. In virtù del Corpo mistico, ma anche del mistero che avvolge l’intera creazione, le opere della carità sono atti di amore non solo verso il prossimo, di qualsiasi razza, fede e condizione esso sia, ma verso Gesù Xto stesso. Però mentre la carità ha bisogno di attivarsi nelle opere e le autentica come buone, non così le opere senza la carità almeno rispetto al soggetto che le compie in quanto ciò che è fondamentale è l’intenzione che deve essere suscitata dallo Spirito Santo e dunque essere conforme alla volontà di Dio. Ecco allora ciò che qualifica l’azione del cristiano rispetto alla filantropia umana. Mentre il filantropico agisce per una sua passione personale che può essere anche non moralmente corretto, il cristiano agisce perché il mistero di Dio lo precede e lo avvolge coinvolgendolo totalmente nella dinamica trinitaria.

2.3 Il distintivo del cristiano: «Che (nell’amore) siano una cosa sola»

«Non si deve dimenticare che il Signore ha implorato dal Padre l’unità dei suoi discepoli, perché essa rendesse testimonianza alla sua missione ed il mondo potesse credere che il Padre lo aveva inviato».
Con queste parole Giovanni Paolo II indica al N° 23 della "Ut unum Sint" che la carità fraterna è segno sicuro di distinzione e testimonianza dei cristiani nel mondo. Proprio per via del comandamento dell’amore sostenuto interiormente dal dono dello Spirito Santo i cristiani possono continuare nel mondo l’opera di Gesù, perché Egli rimane in mezzo a loro, in particolare col Suo Spirito d’amore. Dove non regna l’amore non c’è lo Spirito di Cristo e dunque anche la Buona Novella della salvezza non può essere accolta perché vi è una incoerenza di fondo che contraddice con l’esempio ciò che si annuncia con la parola.
L’unità di cristiani, allora, è un requisito fondamentale perché il mondo creda al Vangelo di Cristo. Tale unità testimonia che un principio nuovo è entrato nella storia. Infatti se leggiamo in profondità o corsi storici notiamo che in tutte le epoche l’umanità è stata dilaniata dalla separazione, dall’egoismo, dagli interessi di parte e come l’unità dei popoli si sia fondata in realtà su dei principi esteriori che nei momenti più difficili non hanno avuto la forza di tenerli uniti. Così vediamo come la lacerazione delle guerre, dello sfruttamento, del proprio tornaconto siano anche oggi una dinamica mortale che ha portato e porta alla distruzione di intere civiltà e culture. L’uomo è divenuto per l’uomo un lupo.
Ecco allora perché l’amore fraterno e universale diviene una luce sfolgorante che non può incidere nelle coscienze di chi lo constata. Esso indica una svolta profonda nella storia che parte dalle vette del Golgota per giungere fino agli estremi confini della terra. Certo ciò si scontra anche con le libere coscienze individuali e di gruppo. La Parola di Gesù sorretta interiormente dallo Spirito Santo non si impone se non con la forza della verità, anche in coloro che sono divenuti suoi discepoli.
Infatti il vero discepolo non è colui che ha ricevuto il sigillo battesimale, ma colui che ascolta la parola di Gesù e la mette in pratica. L’amore comunionale è dunque questo segno di autenticità che invera ogni azione del cristiano e lo pone ai vertici della storia come una lampada che brilla in un luogo oscuro e che attira a sé coloro che si lasciano attrarre dalla luce della verità.
Per questo il mondo della venuta di Cristo va verso il suo punto omega o alfa, sta ai cristiani affrettare questo cammino mettendo fine al lievito vecchio della disgregazione che indica che ancora non si è compreso e interiorizzato bene il comandamento di Xto e ciò mina i fondamenti stessi del proprio essere cristiani. Allora il primo passo in tale senso non può che essere una volontà di comunione che troverà tutti i mezzi necessari per giungere al fine anche in mezzo alle difficoltà più grandi.

2.4 Il dialogo universale come apertura necessaria della carità

Sicuramente uno dei mezzo fondamentali, anzi costitutivo della stessa carità è il dialogo. Senza dialogo non c’è amore perché l’amore parla di sé, ma anche dell’altro interpella e stimola alla risposta per condurre l’altro sulle stesse vie dell’amore. Questa è stata la pressi usata da Gesù. Non che il Verbo incarnato avesse qualcosa da imparare sui misteri della salvezza, ma la sua "prassi dialogale" intende coinvolgere l’altro in un rapporto bilaterale in cui l’altro si sentisse parte attiva, capace di confronto e di libera valutazione e decisione, fino alla rivelazione definitiva in cui l’altro veniva vinto dalla forza soave e potente della verità. Un esempio per tutti è il dialogo con la donna samaritana al capitolo quattro del Vangelo di Giovanni. Qui Gesù non rifiuta l’approccio con la donna solo perché si tratta di una samaritana, di una donna e per di più peccatrice. Né annuncia in modo brutale una verità che mai ella avrebbe potuto accogliere se presentata in modo maldestro. Al contrario chiede ciò che la donna poteva donargli, cioè dell’acqua del pozzo per dissetarsi e così entra in sintonia con lei aprendo pian piano la sua mente alla verità fino a quando ella ne rimane avvinta.
In questa scia sull’esempio del Suo Maestro si pone la chiesa con il concilio Vat. II e con i più recenti documenti del Magistero in particolare in campi ecumenico con la "Ut unum siut".
Al N° 92 della Gaudium et Spes troviamo che: «La chiesa, in forza della missione che ha di illuminare il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civiltà, diventa segno di fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo».
In sintesi punti successivi troviamo che questo dialogo deve essere attivato ad–intra e ad–extra: ai cattolici, ai fratelli separati, alle altro religioni, agli uomini di buona volontà. E ciò deve avvenire nella mutua stima e rispetto con l’impiego dei mezzi e strumenti più adeguati. Sapendo però in ultima analisi ciò che permette la comunicazione profonda Infranta e Babele è la potente azione dello Spirito Santo che conduce le menti e i cuori all’ossequio della verità.
La carità allora si apre necessariamente al dialogo perché riconosce che ogni uomo è chiamato alla salvezza di Cristo nella partecipazione alla vita divina nella beata eternità e che uno solo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini e non fa nessuna distinzione facendo piovere la sua carità sui giusti e sugli ingiusti proprio per cercare di guadagnare se possibile tutti a ricambiare il suo amore. In questa prospettiva si pone la prassi dialogale del cristiano che solo dopo aver tentato il tutto e per tutto lascia che l’altro uomo vada per la sua strada pur rimanendo nel suo cuore sempre aperto ad un’ulteriore possibilità di dialogo.

3. Conclusioni

Da quanto abbiamo visto possiamo concludere che la carità ha una sua dimensione peculiare e unica che gli viene proprio in quanto è rivelata dalla libera iniziativa e coinvolgimento del Dio Trinità nella storia. Essa supera ogni possibile capacità umana poiché Dio si è fatto uomo coinvolgendo l’umanità in un progetto d’amore di cui oggi possiamo scorgere solo una parte infinitamente inferiore a ciò che sarà il compimento nella gloria futura della rivelazione dei figli di Dio.
Amen

Sac. Pietro Cutuli

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