Data pubblicazione: domenica 26 gennaio 2003
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RUBRICHE - SAGGI DI STORIA CALABRESE
Le chiese di Cinquefrondi
Le notizie sulle chiese e sulle cappelle od altari sono contenute nelle superstiti raccolte delle visite pastorali effettuate periodicamente dai vescovi o dai loro delegati, delle documentazioni delle parrocchie, delle concessioni dei benefici ecclesiastici, e dei protocolli notarili. La comunità di Cinquefrondi, non menzionata nei registri delle decime ecclesiastiche del primo quarto del ‘300, nei documenti vaticani è presente la prima volta il 26 aprile 1395 per l’ordine al vescovo ed all’abate del monastero di San Filippo di Gerace di concedere l’ufficio di notaio al cinquefrondese Domenico Oppido. Quarantuno anni dopo, il 5 maggio 1436, il papa Eugenio IV autorizzò i francescani della provincia di Calabria ad accettare liberamente quondam domum in territorio Quinquefrondium abbandonata per più di sessanta anni per causa delle guerre e delle calamità naturali che si erano abbattute in quell’area. Nel documento fu precisato che alle riparazioni della casa aveva provveduto il conte Giovanni Caràcciolo feudatario di Gerace. In una successiva bolla, emanata nel 1445 dallo stesso pontefice, fu confermata ai francescani osservanti l’erezione della casa di San Filippo fondata da una non meglio generalizzata Franca d’Anoia. Su questo convento francescano, sotto il titolo di San Filippo d’Argirò, tra gli storici si riscontrano alcune discordanze. Si legge nelle memorie del Napolione che fu dimesso nel 1436 dai basiliani e nel 1560 dagli osservanti, e che passò nel 1596 ai riformati.Si discosta abbastanza il Taccone-Gallucci che lo confonde con quello degli osservanti dedicato a San Francesco d’Assisi, e senza alcun riferimento documentario aggiunge che durante il pontificato di Clemente XI (1700-1721) fu assegnato ad un non nominato commendatario. Il citato convento di San Francesco d’Assisi, stando a quanto riportato dal Fiore, fu fondato nel 1580 con bolla del papa Gregorio XIII. Nella chiesa, tra il 1606 e il 1607 ottenne il riconoscimento di privilegiato un altare del quale non fu indicato il santo titolare. Si apprende dalla relazione del 14 febbraio 1650, nella quale fu indicato sotto la dedicazione di Santa Maria della Grazia, che era poco distante dal paese, costruito in luogo aperto e raggiungibile a mezzo di strada pubblica. Nei due dormitori con sedici stanze alloggiavano solo otto religiosi : quattro padri e tre fratelli laici del paese, e solo un padre della vicina Polìstena. Nel corso del tempo i rapporti tra il parroco ed i frati del convento francescano degli osservanti s’incrinarono, e si rese ncessaria una composizione che fu solennizzata con una bolla emanata dal papa Innocenzo XI il 15 maggio 1680. Le prime notizie documentate sulle chiese si traggono dai verbali della visita pastorale effettuata il 4 novembre 1586 da monsignor Marcantonio del Tufo, vescovo di Mileto nella cui giurisdizione fu compreso Cinquefrondi fino alla ristrutturazione delle diocesi calabresi avvenuta nel 1986. Proveniente da Anoia lo suso, l’attuale Anoia Superiore, con il suo seguito del quale faceva parte il vicario generale Giambattista Comparino, il vescovo iniziò la visita dalla chiesa della confraternita di San Nicola ubicata fuori un poco dall’abitato. Sopra l’unico altare era collocato un quadro su tavola con le figure della Madonna e dei santi Caterina e Nicola, racchiuso in una cornice. Il procuratore Beniamino Siciliano assicurò che con le offerte dei devoti si celebrava la messa quattro volte ogni settimana e nei giorni festivi. Successivamente si recò nella chiesa parrocchiale dedicata a San Michele Arcangelo, retta dal sac. Pietrantonio Merigliano che assicurò di essere stato nominato con bolle in forma canonica. In una cappella dell’altare magg(io)re fatta di cantoni e lamia pittata di diversi Colori dentro una custodia di fuori dorata con veste di raso paonazzo giallo et verde et dentro guarnita tutta di raso rosso in un vaso di legno dorato era conservato il Santissimo Sacramento al quale era dedicata la confraternita, aggregata il 22 marzo 1547 all’arciconfraternita dello stesso titolo eretta nel convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva in Roma. Nei sacri arredi l’ostensorio fu descritto come una custodia con lo raggio, et giro di argento con li soi vitri et pede di rame adorato. Visitò l’altare della Santissima Concezione, appellativo col quale all’epoca s’indicava l’Immacolata, sede dell’omonima confraternita aggregata alla primaria romana della chiesa (ora perinsigne basilica) di San Lorenzo in Damaso in data 8 aprile 1580. Nel quadro la Madonna era rappresentata circondata dai misterij (erano i tanti privilegi che ornavano l’Immacolata : lo specchio senza macchia, la porta del cielo, l’orto chiuso, la torre d’avorio, ecc.), e protetta dal Padre Eterno che s’affacciava dall’alto nel dipinto. Nell’altare si celebravano quattro messe alla settimana per un legato della signora Gesuella Zuccalà ed una al mese sui tre ducati percepiti di censo sopra una casa. La chiesa di San Sebastiano posta fuori dall’abitato e l’unico altare di essa non erano consacrati. Nell’affresco sul muro erano raffigurati la Madonna, San Sebastiano, San Rocco e Sant’Antonio. La visita si concluse nella chiesa di San Leonardo, sede di una confraternita e sprovvista di rendite, nella quale si celebravano tre messe ogni settimana con gli oboli dei fedeli. Sull’altare, consacrato come anche la chiesa, erano poste una statua di mistura del titolare San Leonardo e due dei santi Pietro e Paolo. Le successive visite pastorali mostrano come con l’incremento nel sec. XVII degli altari devozionali, e nel sec. XVIII anche degli edifici di culto, diminuiva l’impegno per il loro mantenimento. Il verbale della visita del 25 settembre 1630 informa che era ancora rettore della parrocchia il sac. Pietrantonio Merigliano, lo stesso di quarantaquattro anni prima. Nella chiesa parrocchiale era in costruzione l’altare dell’Annunziata di patronato della famiglia Tropea, nel quale si celebrava con le elemosine dei devoti. Privilegiato solo il lunedì era l’altare del Sangue di Cristo , con una rendita di 10,00 ducati e l’onere di due messe settimanali e di altre due mensili. I capitoli dell’annessa congregazione del Sacro Monte erano stati approvati nel 1619. Nell’altare del Nome di Gesù, che d’entrata percepiva 10,00 ducati, si celebravano tre messe ogni settimana. Per il legato dei 70,00 ducati di Francesco Merigliano la cappella dell’Epifanìa spendeva 20,00 ducati per maritaggi di ragazze bisognose ed i restanti 50,00 per celebrazioni di messe. Nell’altare di San Carlo (fondato l’anno 1619 dal marchese Giacomo Giffoni d’Aragona senior) si celebravano tre messe settimanali, e l’onere era adempiuto prelevando dai 13,00 ducati dell’introito le offerte per i sacerdoti. Nella cappella dell’Immacolata, amministrata dall’omonima confraternita, si celebravano quattro messe in ciascuna settimana con le rendite percepite da pii legati. Nella chiesa di San Leonardo l’altare maggiore era l’unico eretto, ed in quella di San Sebastiano si celebrava con gli oboli dei fedeli. Scarse notizie si rinvengono nel verbale della visita eseguita il 25 novembre 1677 dal canonico u. i. d.r Ludovico Grassi, dove della chiesa parrocchiale sono menzionati soltanto l’altare maggiore e l’arciprete Giulio Bruno. Nella chiesa di San Leonardo era mancante il messale e nell’altra di San Sebastiano la pianeta verde, e fu ordinato di farne l’acquisto rispettivamente entro tre mesi ed entro un anno. Negli anni tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 sorsero nuove chiese,e tra queste un oratorio di patronato della famiglia dei marchesi Giffoni d’Aragona feudatari del paese, e si aggiunsero altri altari di devozione in tutte quelle esistenti. Il canonico Gregorio Ruggiero, cantore della chiesa cattedrale di Mileto, che effettuò la visita il 15 maggio 1706, trovò la chiesa arcipretale retta dall’u. i. d.r d. Diego Carlo Macedonio con l’assistenza di undici cappellani corali. Nell’altare maggiore il parroco aveva l’obbligo di celebrare la messa pro populo ogni domenica ed in tutti i giorni festivi, come prescritto dal diritto canonico tuttora vigente. Interdetto, perché mancante di tutto, era l’altare di San Filippo d’Argirò del quale era beneficiato il vescovo di Isernia. La pena dell’interdetto, nel caso che all’eliminazione delle carenze non si fosse provveduto entro i termini stabiliti dal visitatore, per gli altari di Santa Caterina v. e m. dei Macedonio, del Nome di Gesù della cittadinanza, dell’Epifanìa dei Guisa, di San Carlo dei marchesi Giffone d’Aragona, dell’Immacolata e del Sangue di Cristo annessi alla comunerìa dei sacerdoti. L’altare del Santissimo Sacramento era bene ornato, e nulla fu ordinato per quello dell’Annunziata della famiglia Tropea. Nell’oratorio di Santa Maria dell’Itria, eretto da pochi anni dal feudatario, l’altare era bene ornato e le messe di devozione erano celebrate dai padri osservanti del convento francescano di Santa Maria della Grazia. Quattro mesi di tempo furono accordati per rimediare alle carenze dell’altare maggiore mediocremente ornato e dell’altare delle Anime del Purgatorio con 3,00 ducati di rendita, eretti entrambi nella chiesa di San Sebastiano martire. Il delegato vescovile visitò la chiesa di San Lorenzo con il quadro che necessitava di un restauro, e nel suburbio quella di San Francesco di Paola patronato della famiglia Macedonio, entrambe non citate nei precedenti verbali. La chiesa di San Nicola, non elencata nelle visite del 1630 e del 1677, era mancante fra l’altro delle corde delle campane. Nella chiesa di San Leonardo, nel proprio altare bene ornato e dotato di 35,00 ducati di rendita, aveva sede la confraternita del Santissimo Rosario alla quale erano iscritti uomini e donne . La divisa era composta dal camice e dalla mozzetta nera. Per l’esecuzione della visita del 13 luglio 1775, meno di otto anni prima del terribile flagello del terremoto che devastò la Calabria, fu incaricato il canonico Nicola Sbaglia. Nella chiesa arcipretale erano eretti due nuovi altari, dedicati uno all’Arcangelo Gabriele della famiglia Benevento e l’altro al Crocefisso ch’era sede dell’omonima confraternita fondata il 23 agosto 1719. Nella chiesa di San Sebastiano m. furono trovati decentemente ornati sia l’altare maggiore e quello delle Anime del Purgatorio che i due di nuova erezione intitolati all’Addolorata ed alla Concezione, di rispettivi patronati dei Galluzzi e dei Manfroce e con gli oneri di 4 e di 3,5 messe. La chiesa di San Leonardo non presentava variazioni di altari rispetto alla visita di sessantanove anni prima. Non furono menzionate le chiese di San Nicola vescovo, di San Francesco di Paola e di San Lorenzo, e l’oratorio di Santa Maria dell’Itria. Probabilmente erano crollate per il disinteresse delle famiglie che ne detenevano il patronato. Le scosse di terremoto, che nella Calabria centrale e meridionale si verificarono con maggior violenza nei giorni di mercoledì 5 e di venerdì 7 febbraio 1783, provocarono la morte di circa 30.000 abitanti ed il crollo degli edifici civili e religiosi. La ricostruzione delle chiese, finanziata dalla Cassa Sacra prelevando le somme sui proventi delle vendite delle proprietà espropriate alle istituzioni ecclesiastiche, dette luoghi pii, a Cinquefrondi interessò la parrocchiale ed una filiale. La prima fu edificata sulle fondazioni della precedente distrutta. Progettata con le dimensioni della sola navata centrale, fu ulteriormente ridotta diminuendo la previsione di spesa da 1770,00 a soli 770,00 ducati. Insorse la popolazione con un gran Rumore, e fu deciso di procedere alla costruzione a tre navate con la stessa ampiezza di prima, con la speranza della contribuzione dei cittadini. Spesi però in tutto circa 2.000,00 ducati, compresi i 770,00 ducati dell’appalto, gli esausti fedeli si trovarono nelle condizioni di dover interrompere le loro offerte quando la costruzione era ancora a metà. Il sindaco Francesco Ferraro nel 1791 non potè fare altro che richiedere l’intervento finanziario della Cassa Sacra. La costruzione dell’altra iniziata sui resti della chiesa del convento francescano degli osservanti di Santa Maria della Grazia colle pie oblaz(io)ni dei devoti perché quel rione era abbastanza distante dalla chiesa arcipretale, fu completata col contributo di 236,50 ducati deliberati nel 1789 dalla Cassa Sacra. La visita dopo la ricostruzione fu eseguita nei giorni 31 marzo e 1 aprile 1794 personalmente dal vescovo Enrico Capece Minutolo. La chiesa arcipretale si presentava con il tabernacolo e gli altari ornati bene il primo e decentemente gli altri, questi peraltro senza indicazioni dei titolari, e con una sagrestìa ben provvista di sacri arredi e suppellettili. Nella filiale di Santa Maria era eretto il solo altare maggiore col tabernacolo già costruito per poter conservare il Santissimo Sacramento per gli infermi dopo aver ottenuto la canonica autorizzazione vescovile. Mancante di molte suppellettili, fu raccomandato di provvedere entro quattro mesi. L’anno 1831 i sacerdoti Giuseppe Loschiavo e Giuseppe Sandulli, entrambi confessori, esercitavano l’impiego di maestro di pubblica istruzione. Il visitatore del 15 maggio 1834 compilò un sintetico elenco degli altari solo della chiesa arcipretale : del Santissimo Sacramento, del Sangue di Cristo, dell’Immacolata Concezione, di San Raffaele Arcangelo degli Ajossa per eredità dai Benevento, da un lato, ed il Crocefisso e la Madonna della Grazia dei Sandulli dall’altro. Le variazioni furono riportate nei verbali della visita del canonico Bruno Bruzzese dell’1 luglio 1843. Nella chiesa arcipretale erano decentemente ornati l’altare maggiore dedicato al protettore San Michele Arcangelo, del Santissimo Sacramento, del Sangue di Cristo e del Crocefisso. Per mancanza della pietra sacra era sospeso l’altare dell’Immacolata, ed erano bene ornati gli altari di San Raffaele e della Madonna della Grazia di patronato degli Ajossa il primo e dei Sandulli l’altro. La chiesa del Rosario era sacramentale, e nell’omonimo altare maggiore bene ornato in tutto era riposto il Santissimo Sacramento. I due altari laterali, dedicati uno al Sacro Cuore di Gesù ed uno a San Leonardo, erano ornati con decenza. I sacri arredi erano abbondanti, ben tenuti e ricchi. Il precedente titolo di San Leonardo aveva ceduto il posto a quello del Rosario, come sempre è accaduto e continua ad accadere quando in una chiesa è eretta una confraternita laicale. Si fa menzione la prima volta della chiesa di San Basilio, con l’altare decentemente ornato e ben disposto per le celebrazioni delle sacre funzioni. Nuove devozioni erano sorte nella chiesa del Carmine, anch’essa non elencata nelle visite precedenti. Nell’altare maggiore, dedicato alla titolare, bene ornato di fiori e di candelieri, era custodito il Santissimo Sacramento. Tre altari erano eretti dal lato del vangelo : di San Giuseppe degli Albanese, della Madonna della Montagna dei Manfroce, della Presentazione di Maria al tempio degli Scala, e due dal lato dell’epistola : delle Anime del Purgatorio e del Crocefisso interdetto per la poca decenza. La chiesa, della quale nei documenti diocesani si riscontra il titolo nel settembre 1719, non è citata nei verbali delle visite pastorali. Negli istrumenti di censi stipulati dal notaio Alessio Condò, uno il 6 ottobre 1699 ed altri due il 10 marzo e il 20 ottobre 1703, si trova menzione di una cappella del Carmine rappresentata dai procuratori Francesco Policriti, Antonio Mercuri e Antonio Pisanello, tutti sacerdoti. Nella registrazione delle opere di stucco eseguite nel 1768 da mastro Filippo Frangipane fu scritto che il lavoro si svolgeva nella Chiesa del Carmine dove si trova fondata la Cappella del Purgat(or)io. La conferma è data dal questionario compilato per la visita del 1938, nel quale si legge che In origine era una piccola cappella dedicata a S. Sebastiano; poi fu ampliata e dedicata alla Madonna intorno al 1854 dal canonico Michele Panetta con il contributo popolare. L’anno è evidentemente errato, perché s’è visto che l’1 luglio 1843 aveva già assunto il titolo del Carmine. Nella relazione per la visita del 25 giugno 1923 si legge che, oltre all’arcipretale erano in funzione le chiese del Carmine e del Rosario, ciascuna di esse sede di una confraternita omonima, e di San Francesco di Paola edificata in un quartiere periferico del paese. Le stesse chiese furono elencate dal vicario coadiutore Domenico Meduri per delega dell’arciprete Luigi Varamo il 13 novembre 1938. Tra le tante statue, testimonianze della fede e delle devozioni dei singoli e della collettività, si citano : sculture lignee - il protettore San Michele Arcangelo del serrese Vincenzo Scrivo, che la tradizione tramanda essere stato regalato dall’autore l’anno 1800. Ma l’istrumento notarile della committenza mostra che lo Scrivo riscosse 90,00 ducati in due rate e la consegnò nel 1804. Il santo è ripreso nella classica posizione del volo e poggia il piede destro sul fianco del demonio che tiene un serpente nella mano destra ed è tenuto legato con una catena intorno al collo; - il San Rocco del serrese Antonio Regio, che nel 1759 era rientrato da Napoli dove aveva appreso o perfezionato l’arte statuaria. Per la statua e per lo stipo nel 1776 ricevette un compenso di 39,00 ducati; - la Madonna del Carmine col Bambino in braccio, dello scalpello del serrese Vincenzo Scrivo. Sullo scannello sono riportati in bianco il 1798 e sovrapposto in rosso il 1778. La data esatta è il 1798, perché nel 1780 furono pettinate le pirucche della Madonna e del Bambino c’erano due manichini rivestiti. Le corone argentee sono opera di Giuseppe Sorbilli di Monteleone (l’attuale Vibo Valentia), al quale nel 1775 furono versati 44,00 ducati. Nel prezzo erano comprese alcune medaglie anch’esse di argento; - la Madonna della Grazia col Bambino, posta sopra una nuvola con quattro serafini, del serrese Raffaele Regio del 1842; - la Madonna del Rosario col Bambino, poggiante su nuvole con due angioletti ed un serafino, dello stesso Salerno del 1841-’43; scultura di marmo - il Santo Stefano, di recente attribuito da Alessandra Migliorato ad uno scultore napoletano della seconda metà del ‘500, allievo di Giovanni da Nola.
n o t a I documenti citati nel testo sono conservati : in Archivio storico diocesano di Mileto : Visite pastorali, Beneficiali in Archivio di stato di Catanzaro : Cassa Sacra – segreteria ecclesiastica (ricostruzione delle chiese) in Sezione di archivio di stato di Palmi : protocolli notarili Per la bibliografia : G. RUSSO, Le statue della Madonna del Rosario e di S. Michele Arcangelo di Cinquefrondi, “Il viaggio” numero speciale 1986, pp. 1-6; A. TRIPODI, La statua lignea di S. Michele patrono di Cinquefrondi, in “Calabria sconosciuta” XVI (1993), n. 60, p. 53; A. MIGLIORATO, Tra Messina e Napoli : la scultura del Cinquecento in Calabria da Giovan Battista Mazzolo a Pietro Bernini, Messina 2000, pp. 94-95.
appendice La visita pastorale del vescovo Marcantonio del Tufo del 4 novembre 1586
Volume 4° f. 810v (la chiesa di San Nicola) Continuando Mons(igno)r Ill(ustrissi)mo la sua visitazione assistente seco Mons(igno)r Comparino Prothonotario di N(ost)ro S(igno)re et suo vic(ari)o generale visitò la chiesa di Santo Nicola fuori un poco della T(er)ra di cinquefrondi, nella quale havendo entrato et dopo fatta or(ati)one avante l’altare maggiore, et non fu ritrovata consacrata nemmeno l’altare, il quale era adornato di tre tovaglie doi candileri et avanti altare di coiro, et sopra di esso altare vi stava un quadro fatto in tavola con le cornici dell’Imagine della Madonna sant.ma di Santa Caterina et di Santo Nicola. la quale e coverta a tetti, tutta biancheggiata et alastracata, ha due campane sonanti, Sacrestia et due porte nove, con sepolture comode. Nella quale visitatione comparse benmino Siciliano et disse la detta chiesa essere confratrìa di laici et lui essere procuratore della detta conf(rat)rìa et che non ha cosa alcuna di entrata ne robbe stabili, ma si serve di elemosine et vi si dicono in essa quattro messe la settimana et le feste occorrenti. et disse che have le infr(ascritt)e robbe mobili V : f. 811 Imp(rimi)s uno calice con la coppa et Patena di argento Item una pianeta di velluto carmosino Item una pianeta di Scambiante Item uno càmiso con amitto, cingolo, stola et manipolo Item due altre Tovaglie Item uno stendardo di damasco turchino levantino con sua asta et croce dorata le quali Robbe si conservano per detto Procuratore
f. 811v (la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo) Continuando il detto Mons(igno)r Ill(ustrissi)mo la sua visitatione assistente seco Mons(igno)r Comparino Prothonotario di N(ost)ro S(igno)re et suo vic(ari)o gen(era)le, visitò la parrocchiale chiesa della T(er)ra di cinquefrondi sub vocabolo di Santo Michele Arcangelo, nella quale have(n)do entrato et fatto alquanto or(ati)one avanti il S.mo Sacrame(n)to visitò quello che si conservava in una cappella dell’altare magg(io)re fatta di cantoni a lamia pittata di diversi Colori dentro una custodia di fuori dorata con veste di raso paonazzo giallo et verde et dentro guarnita tutta di raso rosso et vi era un vaso di legno dorato dove si conservava il santis(sim)o Sacrame(n)to Nella quale visitatione comparse do: Pietro antonio mirigliano et lui disse essere rettore della detta par(occhia)le et havere la cura di ministrare li Santi Sacrame(n)ti al popolo della detta t(er)ra et haverne le bolle spedite et dimandato detto Rettore se in detta cappella vi e la compagnia del sant(issi)mo Sacrame(n)to Rispose di si. ….
f. 812v (l’altare della confraternita del Santissimo Sacramento nella parrocchiale) Imprimis uno calice con la coppa et Patena di argento Item una custodia con lo raggio, et giro di argento con li soi vitri et pede di rame adorato per portare il Sant(issi)mo Sacram(en)to per la t(er)ra Item una pianeta di armosino rosso Item una pianeta di raso giallo Item una pianeta di armosino turchino Item una pianeta di vellutello Turchino et carm(osi)no Item due càmisi con amitti, cinguli, stole et manipoli Item da circa ve(n)ticinq(ue) tovaglie
f. 813 Item uno lanternone . Item tre avanti altari uno di damasco bianco uno di taffita carm(osi)no un altro di vellutello turchino et carmosino Item due pallij l uno di velluto carm(osi)no l’altro di damasco giallo Item la bolla delle Indulgenze concesse dalla minerva di Roma alli 22 di marzo 1547 le quali Robbe si conservano per detto Procuratore in una cascia.
f. 820 (la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo) Imp(rimi)s due croci di legno indorate l una nova et l’altra vecchia Item doi calici con le coppe et patene di argento Item uno Censeri di ottone indorato Item il ferro di far l’hostie Item una cappella di damasco bianco con guarnime(n)ti di tiletta di oro consiste(n)ti in questi pezzi V : Una pianeta, due tonacelle, uno ava(n)ti altare, un piviale et una tovaglia croce, una di iscolo due stole et tre manipoli Ite(m) uno ava(n)ti altare di tiletta verde Item tre ava(n)ti altari di aurobello Ite(m) una casupra di tiletta verde et gialla con la croce rossa Item da circa dudici tovaglie Ite(m) due càmisi forniti di ogni cosa Ite(m) due missali Ite(m) due battisterij Uno graduale , Uno antifonario le quali Robbe si conservano per detto Rettore alla sua casa a causa la sacrestia non e fornita
f. 820v (l’altare della confraternita dell’Immacolata Concezione nella parrocchiale) Et continuando a visitare, visitò l’altare della sant(issi)ma concep(tio)ne a man sinistra del detto altare maggiore in una cappella fatta di cantoni contagliati et pinti, et detto altare non era consacrato ma adornato di tovaglie, candileri et ava(n)ti altari di damasco bianco guarnito di tiletta di seta et sopra vi stava un quadro con le cornici di oro con l’imagine della sant(issi)ma Madonna della Concep(tio)ne con li soi misterij et sopra lo Dio P(ad)re Nella quale visit(atio)ne dima(n)dato comparse m(astr)o geronimo siciliano et disse Esso essere pro(curato)re della detta cappella, la quale non ha robbe stabili eccetto una casa data a censo a marco coniale cum po(testa)te affrancandi per ducati tre l’anno et si dice una messa lo mese et ha le infr(ascritt)e mobili V Imp(rimi)s uno calice con la coppa et Patena di argento Doi Pianete, l una di damasco bianco et l’altra verde Doi ava(n)ti altare uno di aurobello et quello di sopra notato Una tovaglia di discolo di damasco bianco Uno càmiso fornito uno missale, molte tovaglie molti cuscini, dudici sacchi di tela comune
f. 821 Item le Indulgenze Concesse dall’archiconfraternità di San laur(enti)o et damaso alli 8 di ap(ri)le 1580. Nello quale altare si celebrano quattro messe la settimana lassate per Donna gesuella Zuccalà sopra sopra uno giar(di)no posto in Sanfile d(o)i elemosine di dette messe le paga carlo macedonio ducati ve(n)ti l’anno, due altre messe le paga il p(procurato)re di elemosine.
f. 821 (la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo) Et co(n)tinua(n)do visitò tutto lo stato della detta parochiale chiesa la quale ritrovò essere coperta di ceramidi, alastracata, con sepulture, have una ala, doi campane nel campanile et quella dell’horologgio fatta per la università di detta Terra di cinque frondi et posta sopra detto campanile, ha due confessionarij di legno seu tavole ha un pulpito di predicare di legno, doi fonti di acqua benedetta et doi porte bone con chiavi et serrature.
f. 821 (la chiesa di San Sebastiano martire) Continuando la detta visitat(io)ne visitò la chiesa di San Sebastiano fuori di detta t(er)ra, la quale non era consacrata, ne manco l’altare, ma era adornato di tovaglie, candileri, et ava(n)ti altare di aurobello et sopra detto altare ci stava l’imagine pinta al muro della Mado(n)na Sanct(issi)ma, di San Sebastiano et di San Rocco, et acanto S(an)to Ant(oni)o et asserirno non havere cosa alcuna di entrata et have le infr(ascritt)e robbe Mobili V : Imprimis uno calice con la coppa et Patena di argento Item un crocifisso di legno per le processioni Ite(m) due pianete l una di velluto nero, l’altra di tela Ite(m) uno ava(n)ti altare di tela Ite(m) uno missale Ite(m) uno càmiso fornito Ite(m) quattro tovaglie la quale chiesa e coverta a tetti et fatta all’amia (!) sopra lo altare Maggiore la cupula et sotto alastracata, ha due porte con serrature, fonte di acqua benedetta, una campana sonante et una piccola a mano.
f. 821 (la chiesa di San Leonardo) Continua(n)do la sua visit(atio)ne visitò la chiesa di santo leonardo di detta t(er)ra, nella quale have(n)do entrato et fatto oratione trovò l’altare essere stato consacrato cossi anco consacrata la chiesa
f. 822 Come apparse per sugello, croci, et altri segni, adornato di tovaglie, due candileri et ava(n)ti altare di coiro et sopra detto altare vi era l’imagine di s(an)to Leon(ar)do di rilevo fatta di misture, et ava(n)ti vi stava l’imagine di San Pietro e San Paulo Nella quale visit(atio)ne Comparse m(astr)o ber(ardi)no vittello et asserì la detta chiesa essere Confr(ratr)ia et non have cosa alcuna di entrata, ma si serve di elemosine et vi si celebrano tre messe la settimana et possede le infra(scri)tte Robbe mobili V : Imp(rimi)s uno calice con la coppa et Patena di argento Item una Pianeta di vellutello rosso et bianco uno gonfalone Item una pianeta di Panno rosso sei tovaglie Item uno Cammiso fornito d’ogni cosa uno missale Ite(m) uno Crocifisso portato a mano le quali Robbe si conservano per detto Procu(rato)re
la quale chiesa e coverta a tetti, alastracata, ha sepolture fonti di acqua benedetta due porte con serrature et doi campane sona(n)ti.
(ARCHIVIO STORICO DIOCESANO di MILETO, visite pastorali, vol. 4°)
Antonio Tripodi, Diacono
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