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Data pubblicazione: giovedì 20 marzo 2003  

MATERIALE PASTORALE - MEDITAZIONI

SULLA PAZIENZA DI GESU’ SOFFERENTE

Sicut ovis ad occisionem ducetur et quasi agnus Coram tondente se obmutescet, et non aperiet Os suum.
<>. (Is 53,7)

Tra tute le virtù che Gesù ha praticato nella sua Passione, quella che brilla più di tutte è la pazienza. E bisogna ammettere che non ce n’era altra il cui esempio ci fosse più necessario. Soffriamo dalla nascita alla morte. Tutte le età hanno i loro malanni, tutti gli stati, tutti i temperamenti. Soffriamo a causa delle creature più insensibili, di tutti gli uomini, superiori, inferiori, uguali dei nemici, degli amici, di noi stessi. Oh1 Chi potrebbe restare saldo e incrollabile in mezzo a tutto ciò! Nulla può metterci in questa bella disposizione quanto l’esempio di Gesù Cristo.
L’impazienza si mostra con la lingua, con i mutamenti del viso e con i movimenti del cuore. La pazienza modera la sregolatezza di queste tre parti: lega la lingua col silenzio, Compone il viso con la tranquillità, calma il cuore con la dolcezza.

I

Prendete Gesù in qualsiasi momento della Passione che vi piaccia, da quando è arrestato fino al momento in cui spira: non cadrete a vuoto. E’ dappertutto un agnello, una pecora; lo trovate sempre muto, tranquillo e pieno di dolcezza. Nella sua Passione, Gesù s’è trovato in tutte le circostanze in cui è più difficile tacere. Gli vengono fatte ingiustizie tanto vistose; si sollevano contro di lui accuse talmente nere e false; gli si fanno sopportare indegnità tanto brutali e inumane, che è prodigioso che possa sopportare tutto ciò senza dire una sola parola.Eppure no, resta senza replica. Gridano, mille testimoni sorgono, ci si riscalda, lo si accusa senza prove, senza ragioni; le testimonianze si eliminano a vicenda: Jesus autem tacebat. Ego autem non contradico. Aveva i più bei motivi del mondo: la gloria da procurare a suo Padre, la sua dottrina da sostenere, lo scandalo da evitare; perderà tutto il frutto dei suoi lavori; i sacerdoti gli danno ordini, Pilato lo preme, Erode l’interroga: Jesus autem tacebat. Non avrebbe peccato; avrebbe dato risposte molto edificanti; ma questo silenzio vale mille volte di più.
O adorabile silenzio, quanto sei eloquente, che belle lezioni mi dai! Voi tacete, Signore, voi che siete la Parola del Padre, tra mali tanto grandi, in un’occasione tanto propizia, in un’occasione tanto importante! Quale pretesto posso avere in futuro di mormorare, di lamentarmi? Ma come impedirselo? Un’anima che vuole imitare Gesù Cristo se lo vieta con la sua grazia: in primo luogo, con umiltà crede che ne merita ancora di più; in secondo luogo, col desiderio che ha di soffrire, che gli fa trovare questi mali tanto piccoli, da non osare parlarne; in terzo luogo, per rispetto alla volontà di Dio; in quarto luogo, col timore di perdere il suo tesoro. Una croce segreta è qualcosa di molto prezioso.
Le anime imperfette credono che, se non ci si adira, non si possono raccontare i propri malanni a tutto il mondo; è come un uomo che ha trovato una borsa colma d’oro e lo va seminando sul suo cammino. Se non le mettono in pubblico, almeno hanno bisogno di qualche amico, di qualche confidente; un’anima santa, invece, vuole che tutto si svolga tra essa e il suo Sposo. <>. Va bene, ma oltre che esporsi alla vanità, e che si è pagati con lodi, è un sollievo. Mi pare che è proprio il fiore della pazienza che si perde. Non c’è più segreto e, di conseguenza, ciò che c’è di più dolce e di più prezioso è perduto. Voi non spandete il vostro profumo, lo disperdete al vento.
Vedete la sequela dei mali che nascono da queste. Lamentele
Capita che qualcuno, se se ne mostra toccato, vi aduli; che qualcuno, se non vi fa caso, vi fa andare in collera. Si cerca di essere compatiti e nessuno vi offre compassione; si è importunati, e altri trovano che non c’è motivo di esserlo; voi fate vedere la vostra debolezza, più che l’ingiustizia degli altri. Anziché suscitare l’indignazione dei vostri confidenti, vi attirate il loro disprezzo. Si crede di procurarsi sollievo e, al contrario, la collera, il dispetto aumentano; volendo persuadere gli altri che si è subìto un gran torto, si persuade soltanto se stessi; volendo esagerare i propri malanni, li ingrandiamo soltanto ai nostri propri occhi. Tutti i giorni vediamo gente che, pur avendo sul principio subito afflizioni con qualche pazienza, a forza di raccontarle si sono talmente riscaldati, talmente agitati, da passare ai più grandi eccessi.
Se dobbiamo lamentarci, lamentiamoci con Gesù Crocifisso.
Ma davanti a voi, Salvatore mio, di che cosa mi lamenterei? Che cosa sono i miei mali in confronto dei vostri, da voi sopportati in un silenzio tanto grande? Inoltre, Signore, potrei persuadere altri che c’è ingiustizia, ma non posso persuadere voi: voi conoscete i miei trascorsi, voi sapete che merito mille volte di più. Dato che siete voi l’autore di questi mali sarebbe rimproverarvi: Quid dicam aut quid respondebit mibi, cum ipse fecerit?. Tuttavia cercherò di paragonare i miei mali ai vostri, la mia pazienza alla vostra. Cercherò di lamentarmi con voi, non dei miei malanni, né dei miei nemici, ma di me stesso e della mia impazienza. Cercherò di averne forze e incoraggiarmi al silenzio, e a soffrire come voi avete sofferto.

II

Dopo considerato il silenzio di Gesù Cristo, vi prego di gettare gli occhi sulla sua fronte e sul suo volto.Talvolta ci facciamo violenza per non mostrare i sentimenti del cuore ma quando siamo maltrattati,
quando è difficile non alterarsi! E quando il cuore è alterato, il turbamento passa immediatamente negli occhi e sul viso; si legge sulla fronte, o la vendetta che il cuore spira, o la collera da esso ha concepito, o almeno la tristezza che lo abbatte. Considerate ora, ve ne prego, se scoprirete sul viso del Salvatore qualche segno di questi movimenti. Se ne fosse apparso qualcuno, sarebbe stato senza dubbio quando fu arrestato, senza che facesse resistenza; quando fu schiaffeggiato, senza che avesse detto niente di male. Ecco i ventinove colpi di sferza; erano quanta la legge ne prescriveva; non li ha meritati, eppure non gli manca la pazienza. Ma perché aggiungerne uno solo?
Perché raddoppiarne il numero senza autorizzazione? Che cattiveria! Non è mai successo a nessuno, non è tollerabile. Gesù ha la pazienza di lasciarsene dare fino a cinquemila.
Quando si addossa la croce gli mancano le forze; si vede bene che si accascia; lo spingono, lo fanno alzare a calci. Come? Divino mio Maestro, non reagite? Come? Neppure il minimo gesto d’indignazione? Nessun cambiamento, nessuna alterazione su questo viso! Ma osservate che non è un aspetto sorridente né esultante; è un’aria umile e modesta. Quanto è bello! Quanto divino! Oh! Quanto fa piacere considerarvi in questo stato! Oh! Quanto mi piace vedere questo, piuttosto che vedere zoppi camminare e morti uscire dai sepolcri! Angeli del cielo voi non vedete niente di tanto bello! Oh!, fortunata Veronica che aveste la fortuna di ottenere il ritratto di questo viso! Che turbamenti, quali moti di collera poteste notarvi? Una tranquillità tanto grande, non è forse capace di calmarli?
Mi chiedete se è male provare queste emozioni. No ma c’è imperfezione: è segno che si ama ancora se stessi, che ancora non si è presa cura sufficiente di mortificare le proprie passioni, che si ha ancora molto orgoglio e attaccamento alla volontà propria. La pietà perfetta arriva fino a soffocare questi moti. Chiunque vi si applica può sperare di arrivarci, e anche prima di quanto non si possa credere, quando ci si applica come si deve. O Dio mio, anche se ci fosse solo questo da guadagnare a servirvi, cioè questa fora, questa immobilità, questa indifferenza cristiana, questa pace inalterabile dell’anima, questa uguaglianza di volto e di movimenti, cose che il mondo intero e tutte le agiatezze non possono dare, non sarebbe già sempre molto? Ma da dove ha origine questa costanza?

1. Da una profonda umiltà. Non ci si meraviglia affatto che si maltratti un peccatore. Si offende Dio; perché non dovrebbe dispiacermi?

2. Da una grande adesione alla volontà del Signore, che è un’ancora che ci rende inamovibili, perché tutto ciò che capita è sempre secondo questa volontà. Mi immagino un uomo seduto su una roccia in mezzo al mare si abbatte ai suoi piedi; egli lo guarda a sangue freddo, si allieta a contare le sue ondate al sicuro da ogni pericolo. Si sollevano le tempeste, ma non lo toccano, mentre altri, che sono su fragili imbarcazioni, impallidiscono, tremano, sono agitati in balìa del vento, ora sepolti negli abissi, ora sospesi in aria sulla cresta dell’onda. E’ possibile non invidiare questa persona fortunata? E’ possibile che, potendo aggrapparci a questa roccia, preferiamo rimanere su una tavola priva di ogni stabilità?

3. Riflettiamoci un po’. Sono sicuro che, se ci applichiamo molto a considerare l’anima di Gesù sofferente, Se portiamo spesso gli occhi sul suo volto, ci innamoreremo di questa virtù, e che egli ce la ispirerà insensibilmente. Sia dunque questo il vostro libro di tutti i giorni, ascoltatori cristiani; sia il vostro specchio, da me cristiane, almeno durante questa quaresima. Oh, quanto presto vi troverete cambiati! Ciò che oggi vi sembra del tutto insopportabile vi sembrerà leggero! Fu così che il buon ladrone, considerando la pazienza del Salvatore; ottenne egli stesso pazienza. Ma a che cosa ci servirà di guardarti, Signore, se voi non gettate gli occhi su di noi, per incoraggiarci, per sostenerci, per sostenere i nostri disegni, per darci le forze per metterli in atto


III
Entriamo nel cuore del Figlio di Dio e vediamo qual è la sua disposizione nei confronti dei suoi nemici. E’ una dolcezza incomparabile, di cui ecco i vari gradi o effetti.

1. Tutto ciò che ne soffre non impedisce che egli non faccia loro giustizia. Riconosce che in ciò che fanno c’è molta ignoranza; e benché l’invidia, il rispetto umano, l’interesse, l’astio, l’orgoglio, l’ingiustizia entrino in tutto ciò, nondimeno questo cuore pieno di bontà è attento piuttosto a ciò che diminuisce il peccato, che a ciò li rende colpevoli. Noi avremmo ben più ragione di comportarci nello stesso modo quando ci fanno perdere la pazienza.

2. Il più delle volte c’è più leggerezza, sconsideratezza che malizia. Nella persona che ci offende, si riflette il suo temperamento brusco e collerico; era di cattivo umore, ha parlato senza pensarci. Noi, invece, di solito facciamo tutto il contrario: esageriamo le cose, come se fossero crimini, come se fossero grandi ingiustizie; e spesso non si tratta neppure di peccato veniale. Ci rallegriamo dei malanni di coloro che consideriamo come nostri persecutori; ci affliggiamo della loro prosperità. Oh, che grande debolezza! Quale motivo abbiamo di umiliarci quando proviamo questi moti! Quanto è basso! Quanto rassomigliamo alle bestie. Dio mio, dico dentro di me, se voi ci giudicaste in questo modo, noi saremo tutti perduti! Se uno che si lamenta fosse reo della stessa cosa, giudicherebbe che non è niente. Volendo, si possono dare cento buone interpretazione di tutto ciò, e invece si preferisce prenderlo a male.

3. Gesù, non soltanto fa giustizia ai suoi carnefici, ma si fa prendere da vera compassione; deplora il loro accecamento e i mali che essi si attirano addosso; dice in cuor suo: Quondam si cognovisses et tu, quidam in hac die tua,quae ad pacem tibi. Giudica che tutti questi mali non sono nulla al confronto: Nolite flere super me, ecc. . Ecco il sentimento che dovremmo provare per quanti ci offendono. Che male mi arrecano, se sono paziente? Anzi, che bene non mi fanno? Ma che male non fanno a se stessi, nel presente e nel futuro!

4. E’ preso d’amore per loro; sente per loro una compassione concreta, prega, soffre per loro e soffre con tenerezza; auspica di salvarli e lo fa, giacchè la sua preghiera non inutile. Quelli che si convertirono alla predicazione di Pietro erano proprio gli stessi: Hunc per manum iniquorum affligentes interemistis. Vos autem sanctum et iustum negatis, et petistis virum homicidam donari vobis, auctorem vero vitae interfecistis. Quanto saremmo fortunati, se potessimo salvare i nostri nemici con le nostre preghiere! Questa sarà grande in coloro che saranno stati salvati dai loro amici; ma che colmo per coloro che dovranno la loro salvezza a quelli che essi hanno perseguitato! Discite a me non mundum fabbricare, non cuncta visibilia, ecc. , ma qualcosa di più divino. Per apprendere questa lezione, che il Cuore di Cristo sia la nostra scuola. Facciamone il nostro soggiorno durante questa quaresima, studiamone i movimenti e cerchiamo di conformarvi il nostro. Sì, Gesù divino, voglio alloggiarvi, versare tutto il mio fiele in questo Cuore; lo consumerà presto.

5. Non temo che l’impazienza venga ad assalirmi durante questo ritiro. Mi eserciterò al silenzio, alla rassegnazione alla vostra divina volontà, a una costanza imbattibile. Tutti i giorni pregherò per ringraziarvi delle mie croci, e per chiedervi perdono per coloro che mi perseguitano. Lavorerò con impegno per acquisire questa pazienza; so che non è opera di un giorno; ma basta che sappia che ci si può arrivare a forza di lavoro. Vi chiedo le vostre preghiere, Gesù dolce. Voi le avete offerte per i vostri nemici; non rifiutatemele a me che desidero amarvi, amare anche la croce e i miei nemici per amor vostro. Amen.

Claudio De La Colombiere s.j., Santo

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